lunedì 14 dicembre 2009

Il miracolo del predellino


PREMESSA: Stigmatizzo totalmente qualsiasi tipo di atto violento. Con questo raccontino, non riporto necessariamente la verità dei fatti. Intendo solo sdrammatizzare l’accaduto, pur insinuando – lo ammetto – qualche legittimo sospetto e azzardando un paio di previsioni future.


È la sera del 13 dicembre e S. Berlusconi - nel senso di San Berlusconi - ha appena tenuto un celestiale comizio sotto il Duomo tirato a lucido della sua fedele Milano, proprio accanto all’albero di Natale più alto e illuminato del mondo, in una piazza gremita e adulante, fatta eccezione per quei miscredenti - 400 secondo i dimostranti, 4 secondo la questura - che l’hanno contestato e che Lui ha prontamente zittito con la sola imposizione della mano. L’occasione è il lancio della campagna di tesseramento al Popolo delle Libertà: non è chiaro come mai le iscrizioni vengano aperte soltanto a più di due anni di distanza dalla nascita del partito, ma tra i presenti si è sparsa la voce che forse si può approfittare del pacchetto completo, accaparrandosi in un colpo solo la tessera politica, l’abbonamento annuale del Milan, il decoder di Mediaset Premium e una notte a Palazzo Grazioli con una selecao di escort e veline.


Subito dopo il discorso - un’omelia dedicata alla redenzione dei giornali che hanno perduto la retta via, alla trasmutazione delle maledette toghe rosse in simpatici costumi da Babbo Natale e alla moltiplicazione dei panettoni e dello spumante per tutti -, il Premier si è avviato tra gli applausi verso l’auto, ha camminato tra due ali di folla in estasi e ha benedetto i discepoli con un rametto d’ulivo in un’atmosfera gioviale, indorata di Spirito Santo. Come faceva John Lennon prima di morire assassinato all'ingresso del Dakota Building di New York, Silvio – recentemente eletto “Rockstar del 2009” dalla rivista Rolling Stone Italia – ha stretto mani e firmato autografi. Manca poco ormai all’orario in cui vanno in onda i principali Tg nazionali della prima serata e, per un’incredibile serie di congiunture astrali, i 15 bodyguards, i poliziotti e gli uomini della sicurezza si sono distratti all’unisono, tutti nel medesimo istante cruciale; così all’improvviso, mentre curava l’anima e lo spirito di un suo devoto, Silvio è stato colpito al volto da una terrificante arma contundente: un souvenir in miniatura del duomo, una statuetta da tortura, munita di gugliette micidiali e di un’infingarda madonnina sulla punta. Subito dopo l'aggressione, di cui non esistono immagini chiare, Berlusconi si è coperto - o nascosto - il volto con un sacco nero della spazzatura: probabilmente, tra le centinaia di persone che lo circondavano, nessuno aveva un fazzoletto di carta o di stoffa, ma qualcuno si era portato dietro la busta della pattumiera, chissà forse per ricordare a tutti che i rifiuti in Campania non ci sono più grazie a Lui.


In quei momenti drammatici, durante i quali la Nazione tutta è rimasta sospesa - come si resta in spasmodica attesa sulle montagne russe nei secondi subito precedenti la discesa in picchiata -, il Cavaliere ha barcollato con il viso macchiato di sangue; la scorta l’ha preso e trascinato al sicuro nell’auto blindata. Ma Berlusconi si è subito riavuto – per noi uomini e per la nostra salvezza, al terzo minuto è risuscitato secondo il copione -, si è issato sul leggendario predellino e, guardando la sua moltitudine di pecore smarrite, ha fatto un cenno di rassicurazione con la mano. Poi, si è riaccomodato nei sedili posteriori, vicino al finestrino, con il volto tumefatto a favore di telecamera, un’inquadratura degna delle sceneggiature a orologeria del miglior Kubrick.


Intanto, stranamente l’assalitore non si è comportato da vero assalitore: dopo il folle gesto, è rimasto inverosimilmente pietrificato, permettendo alle forze dell’ordine di fermarlo immediatamente e al ministro della Difesa Ignazio La Russa di vestire il saio del Salvatore nel dire «Ho corso con gli agenti di polizia per allontanare l'aggressore, che rischiava un possibile linciaggio». È Massimo Tartaglia, un ingegnere 42enne: è in cura da 10 anni per problemi mentali, non è un attivista politico, è sconosciuto alla Digos e a chiunque altro, almeno finché le televisioni di Raiset non lo renderanno famoso, chissà magari per i suoi quadri che si illuminano al ritmo di musica. In tasca ha una bomboletta di spray urticante anti-stupro al peperoncino: forse temeva che, in mezzo alla calca, il Cavaliere in visibilio lo scambiasse per una velina e se lo ingroppasse.


Berlusconi è stato portato di corsa all’Ospedale San Raffaele, dove i medici hanno diagnosticato addirittura un graffio al labbro inferiore: il Premier avrebbe chiesto che il taglietto fosse tenuto sotto stretta osservazione per almeno 24 ore dalle due infermiere più avvenenti della struttura. Per prevenire un’eventuale infezione, i primari l’hanno sottoposto alla tac, alla risonanza magnetica, ad una lozione per la ricrescita dei capelli, allo sbiancamento dei denti, ad una seduta di massaggi shiatzu, ad un trattamento del miglior visagista in circolazione e infine al restauro del lifting che nella concitazione della rissa aveva leggermente ceduto.


A Emilio Fede, subito accorso al santo capezzale, ha confessato: «Sono miracolato, un centimetro in più e avrei perso l'occhio». Poi ha aggiunto: «Sono amareggiato per questa campagna di odio nei miei confronti. Questo è il frutto di chi ha voluto seminare zizzania. Quasi me l'aspettavo...». Se l’aspettava: infatti, dovrebbe avere già pronto il discorso con cui, nei giorni sotto Natale, magari con un cerottino vicino alla bocca, regalerà il perdono al figliol prodigo e assolverà i suoi peccati, mostrando agli occhi e alle telecamere di tutto il mondo l’uomo generoso e magnanimo che è. E se il sermone non fosse ancora pronto, il Premier ora ha a disposizione due settimane di prognosi per affinarlo e per pensare a come gestire il nuovo consenso popolare, che dopo l’insospettabile aggressione è tornato magicamente ai massimi storici.

Francesco Carrubba

domenica 13 dicembre 2009

Leitmotiv: Novembre, Dicembre e Gennaio

Mentre il numero di Novembre/Dicembre su "Il trucco" è in distribuzione già da qualche giorno, Leitmotiv sta preparando l'uscita di Gennaio dal titolo: "Il corpo".

Scrivete i vostri contributi, possibilmente entro domenica 20, e inviateli a giornaleleitmotiv@hotmail.it.

Vi ricordiamo che le copie del nostro giornale sono disponibili nei seguenti punti di distribuzione:

- Punto Einaudi
- Birreria 35
- Pub Amandla (Cermenate)
- Casa Del Disco
- Renata Music
- Circolo Arci Xanadù
- Libraccio
- Libreria Del Cinema
- Libreria Mentana
- Central Perk
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E nelle biblioteche di:

- Como
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- Como Musei Civici
- Como Peretta
- ITIS Magistri Cumacini
- Società Archeologica


La Redazione

domenica 29 novembre 2009

L'altra faccia (ritoccata) della medaglia


(Un anticipo del numero in imminente uscita cartacea dedicato a Il Trucco)

Daniela Santanchè è una vera conservatrice e lo si evince sia dalle sue posizioni politiche, sia dalle sue scelte estetiche. La leader del Movimento per l’Italia, infatti, è salita agli onori delle cronache in seguito alla vicenda Sanaa del 15 Settembre scorso, quando, nella provincia di Pordenone, una giovane di origine marocchina è stata brutalmente uccisa dal padre a causa della frequentazione di un ragazzo italiano più grande di lei. La Santanchè a tal proposito ha dichiarato: «Si impedisca alle donne di entrare con il burqa al velodromo Vigorelli di Milano ed in tutti gli altri luoghi in occasione dei festeggiamenti della fine del Ramadan». Il nesso tra le parole della politica ed i fatti mi sfugge. Tuttavia, bisogna riconoscere all'esponente de “La Destra” una certa perseveranza, essendosi da sempre battuta perché fosse vietato alle donne islamiche di portare il velo che copre loro integralmente il viso. La Santanchè si appella prevalentemente all'articolo 5 della legge 152 del 1975 che impedisce di rendersi irriconoscibili in occasione di manifestazioni pubbliche.

Ripercorriamo un attimo la storia della politica, riportata generosamente anche sul suo sito www.danielasantanche.com. Daniela, prima di diventare una politica di successo, si sposò molto giovane con un chirurgo estetico dal quale prese anche l'attuale cognome. Ancora prima delle nozze era già ricorsa alla chirurgia plastica per aggiustare quel naso che a suo dire non la faceva stare bene, le dava fastidio. Ecco qui una prima incongruenza: se la Santanchè non ammette la possibilità che le donne musulmane indossino il burqa perché le renderebbe irriconoscibili, è giusto ricorrere alla chirurgia plastica per modificare parti del proprio viso, per cambiare i propri connotati somatici che ci distinguono dagli altri? Certo, a livello giuridico il problema non si pone: la chirurgia estetica non è vietata e quindi chiunque può farne ricorso quante volte vuole. Eppure, a livello di principio, mi pare che scagliarsi contro il burqa perché non permette di distinguere la persona coperta contrasti con la scelta di ricorrere alla chirurgia estetica, che ha lo stesso effetto del velo. (La questione a questo punto sarebbe: l'identità di una persona si percepisce dal suo viso?).

Andiamo avanti con la biografia. Daniela Santanchè divorzia, ma ha già avviato una brillante carriera da imprenditrice e qualche anno dopo si consacrerà alla politica. È stato già detto all'inizio di questo articolo: è una conservatrice. Dal punto di vista politico, ma anche da quello estetico. Infatti, il suo viso molto tirato e la sua pelle liscia e lucida fanno trasparire altri ricorsi alla chirurgia plastica da parte della nostra. A Daniela Santanchè, come a molti di noi, non piace invecchiare. Allora decide di cercare di rimanere così com'è, di fermare il tempo. In questo senso è una vera paladina della conservazione, da far invidia a Tutankhamon. Ma è giusto pensare di poter riportare il nostro corpo a quello che era? Non si rischia piuttosto di materializzare solamente un'immagine che si ha di se stessi? Si ritorna sempre a porsi domande sulla propria identità, che è l'oggetto fondamentale della discussione. Il corpo è parte fondamentale di noi stessi e continuare a modificarlo equivale a celarlo, a spossessarlo delle sue caratteristiche peculiari. Modificare le sue evoluzioni naturali vuol dire astrarlo e renderlo un elemento distante da noi stessi, un qualcosa che smette di appartenerci. Logicamente questo discorso non contiene alcuna implicazione morale: si ragiona solo sulle conseguenze di alcuni comportamenti. E gli esiti non sono affatto scontati: se il burqa, che rinvierebbe ad una certa idea di identità musulmana, priva la donna di una propria personalità, il lifting, che forse si pone come contraltare occidentale al velo islamico, non porta allo stesso risultato?


Matteo D'Antonio

mercoledì 11 novembre 2009

Zeitgeist - Inertia creeps



Massive Attack, Palasharp (Milano), 8/11/2009

mercoledì 4 novembre 2009

Milano, l'amore e Dio


Sapessi com'è strano essere un tossicodipendente di Milano. Fino a 10 anni fa Edda, alias Stefano Rampoldi, cantava con i Ritmo Tribale, i progenitori degli Afterhours, poi ha smesso perchè si drogava troppo. Ora di mestiere fa il muratore e tra un ponteggio e l'altro ha inciso 12 perle.

Quando canta, ha una voce che si fa uomo, donna e neutro, che si fa ora adulta ora bambina, graffio e piuma, dialetto del Nord e accento del Sud, parola storpiata e versaccio incomprensibile, fulmine e sospensione, coltellaccio e carezza, urlo e sussurro. Tanto che una chitarra acustica basta e avanza.

I testi di questo album "Semper biot" (sempre nudo) sono deliranti al punto giusto. L'amore è corpo, violenza e sesso. L'amore è preghiera, disperazione, dolore, attesa e caduta. L'amore si spoglia, poi ti ammazza e ti finisce, perchè l'amore viene solo per uccidere. L'amore è un marito pazzo, è "gelosità" e promessa, l'amore è scoparsi la felicità. L'amore ti affetta e ti cucina. L'amore è facile, vedente, profondo e gaudente. L'amore è fare l'amore. L'amore è deficiente, semi-adolescente e innamoramento. L'amore è culla, l'amore è bellissimo. All'amore non c'è rimedio.

Milano è un intreccio di lingue, inflessioni, vergini e suorine, indifferenza, lavoro e panettoni.

Essere Dio è una cosa facile, amare Dio è una cosa inutile. Dio è fango e scomunica, Dio è ateo, perchè madonnine e madri non ce ne sono.

La stanza è una voragine, la casa è ballare in cucina fra sacchi di farina e solitudine. Poi, c'è Stefano un personaggio italo-argentino, solo e inutile che sogna, si fa schifo, cerca qualcosa, è nato e morirà senza denti, si perde mentre va all'Ikea e si chiede quand'è che andrà in Inghilterra. Scopritelo se lo trovate.

Adesso è mattina presto, ma stasera Edda urla al Magnolia di Milano. Io purtroppo ci vado solo se piove. Ma se il tempo sarà clemente, andateci voi e poi ditemi com'è stato.

Francesco Carrubba

lunedì 26 ottobre 2009

Leitmotiv di Novembre: "Il trucco"

Dopo il grande consenso ottenuto dal numero su "La città murata" , Leitmotiv sta preparando l'uscita di novembre dal titolo: "Il trucco".

Scrivete i vostri contributi, possibilmente entro la fine della settimana, e inviateli a giornaleleitmotiv@hotmail.it.

Vi ricordiamo che le copie del nostro giornale sono ancora disponibili nei seguenti punti di distribuzione:

- Punto Einaudi
- Birreria 35
- Pub Amandla (Cermenate)
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- Nerolidio

E nelle biblioteche di:

- Como
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- Como Musei Civici
- Como Peretta
- ITIS Magistri Cumacini
- Società Archeologica


La Redazione

venerdì 23 ottobre 2009

Ho letto un libro che... appassionati lettori raccontano


Sabato 24 ottobre, dalle 16.30 alle 18.30, presso la biblioteca comunale di Como in piazzetta Venosto Lucati, ritorna la manifestazione “Ho letto un libro che…appassionati lettori raccontano”, promossa per il secondo anno dalla biblioteca, comune di Como e assessorato alla cultura e organizzata dall’associazione culturale Leitmotiv.

Gli appassionati lettori avranno una decina di minuti per parlare di un libro: leggendone dei passaggi, raccontando come sono arrivati a leggerlo o la storia che lo contraddistingue rispetto agli altri che hanno sullo scaffale. Dalla raccolta di racconti al romanzo, attraverso il saggio filosofico, fino al libro pop up, alla seconda edizione parteciperanno Giulia Parini Bruno, Elisabetta Broli (L’Ordine), Riccardo Conti (Exibart), Paola Pioppi (Il Giorno), Lorenzo Canali (CiaoComo Radio) e Alessio Brunialti (La Provincia) insieme alla professoressa Vanna Glauber Petrilli e a quattro dei redattori del mensile tematico Leitmotiv, oltre ai volontari provenienti dal pubblico di sabato, tempo permettendo.

Ho letto un libro che… appassionati lettori raccontano” fa parte della rassegna “Ottobre piovono libri”, la campagna nazionale di promozione della lettura promossa dal Centro per il Libro e la Lettura della Direzione Generale per i Beni Librari, gli Istituti Culturali ed il Diritto d'Autore del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in stretta sinergia con la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, l'Unione delle Province d'Italia e l'Associazione Nazionale Comuni Italiani. Giunta alla terza edizione, “Ottobre piovono libri” vede l’organizzazione durante il mese di ottobre di un calendario di eventi in tutta Italia.

sabato 17 ottobre 2009

Lo "stravagante" giudice Mesiano

Sotto la guida sapiente del prode Claudio Brachino, i giornalisti di regime di “Mattino 5”, programma mattiniero di approfondimento che non si sa bene cosa approfondisca nel senso che di profondo c’è solo lo sdegno che si prova nel momento in cui malauguratamente lo si guardi, hanno pedinato (letteralmente pedinato) di nascosto Raimondo Mesiano, uno dei giudici del Tribunale di Milano che nel caso “Mondadori” ha condannato Fininvest a pagare 750 milioni di euro facendo prendere un coccolone a Papi, il quale ancora oggi non riesce a capacitarsi che una parte della giustizia italiana continui a funzionare in maniera imparziale e in difesa della Costituzione. Il servizio, andato in onda su Canale 5, documenta il giorno libero del magistrato.

http://www.youtube.com/watch?v=tYg9JEVSMCA

In effetti, è inaccettabile. Come può "giudicare" in maniera oggettiva un uomo che nel suo giorno libero va dal barbiere? Ma stiamo scherzando...Un uomo che - pensate - si siede su una panchina? Un uomo che si ferma al semaforo? (A Milano, a Napoli, a Catania e in tutta Italia, chi si ferma al semaforo - a piedi o in macchina - è sempre guardato con sospetto) Un uomo inconcepibile, che si accende una sigaretta? Un uomo, poi, “stravagante e strano” al punto da indossare calzini azzurri? Nel commento al servizio, l’illuminato editorialista comasco Alessandro Sallusti non ha avuto la bontà di spiegare alle casalinghe, ai pensionati e ai milioni di telespettatori italiani che i giudici, per essere persone perbene, dovrebbero andare a escort, pippare di coca e organizzare festini, come fanno tutti.

Francesco Carrubba

venerdì 9 ottobre 2009

La politica dei Cittadini


I due consigli comunali aperti al pubblico e trasmessi in diretta tv (lunedì 5 e giovedì 8 ottobre scorsi) hanno senz'ombra di dubbio un merito, forse non pratico, dato che le decisioni in merito alla questione paratie sono state rinviate a nuova data per via dei numerosi interventi dei consiglieri, ma certamente politico, e nel senso più pieno del termine. Hanno mostrato ai cittadini, hanno avvicinato i cittadini a quella cosa un po' oscura che è la politica locale. Hanno mostrato come essa si svolga, cosa sia, chi la faccia e quali siano i suoi ruoli. Hanno fatto scoprire ai cittadini di Como cosa la politica può essere, cosa la politica è. Hanno fatto riscoprire agli abitanti di essere anche Cittadini, hanno evidenziato come la politica sia, prima di tutto, non solo uno schieramento di parti contrapposte, ma partecipazione. Hanno scoperto come l'amministrazione del Comune li riguardi da vicino al pari della politica nazionale, con cui, paradossalmente, è più facile venire in contatto. Hanno scoperto, tardivamente, come è da tradizione cittadina, come quella politica così spesso disprezzata, svilita, sia in realtà parte integrante del vivere comune, dell'essere parte di una città. Hanno scoperto, questi novelli Cittadini, dopo anni di torpore, che la loro partecipazione non solo conta, ha un peso, ma è il fondamento di quello di cui i consiglieri vanno a discutere. Serviva un muro che oscura il lago, il paradosso più assurdo per una città che fa del suo paesaggio la principale fonte di attrattiva, si è dovuti arrivare forse fin qui per risvegliare le coscienze dei Cittadini, ma forse è successo e forse la cittadinanza di Como inizierà a riflettere anche sulle sue passate assenze. Hanno scoperto che partecipare in prima persona alla politica locale non solo è possibile, ma è - accidenti! - normale. Ovvietà, può darsi, ma ovvietà che è bello vengano riscoperte nuovamente. Lunedì scorso circa duecento persone affollavano Palazzo Cernezzi per seguire in prima persona i lavori del Consiglio. Hanno forse scoperto, i Cittadini di ogni colore, che quei nomi spulciati superficialmente sui quotidiani locali, sono volti e sono parole: hanno scopero che possono essere ottimi amministratori, tecnici puntigliosi, eccellenti oratori, o politici scadenti e inadeguati. Hanno scoperto magari la differenza tra un consigliere e un assessore, tra la maggioranza e l'opposizione. Hanno applaudito e urlato, hanno contestato e approvato. Hanno scoperto, magari, che la politica non è solo colore e militanza, ma prima di tutto Vita attiva, che si può essere avversari politici, scontrarsi e accusarsi, ma si è, tutti, prima di tutto Cittadini. Uno status, quello di Cittadino, che non piove dal cielo, ma cui si ha diritto. Uno status che è bene ricordarsi di avere, difenderlo, mostrarlo con orgoglio e, ogni tanto, guadagnarsi sul campo.

Philip Di Salvo

martedì 6 ottobre 2009

Se il comune insonorizza la libertà di stampa

Sabato scorso, 3 ottobre, alle 15 e 30, si è tenuta anche a Como la mobilitazione per la difesa della libertà di stampa e di informazione. In appoggio alla manifestazione nazionale indetta a Roma dalla FNSI, anche a Como si è tenuto un presidio in Via Cesare Cantù, di fronte al Liceo Classico Alessandro Volta, cui ha preso parte un folto numero di cittadini comaschi. La presenza di un gruppo musicale, la Nowhere Band, nel bel mezzo del suo concerto a pochi passi dal banchetto degli organizzatori della manifestazione ha da subito incuriosito i convenuti. Ipotesi prima: il concerto è contorno della manifestazione, i Beatles piacciono a tutti e alla libertà di informazione sono sempre stati favorevoli; ipotesi seconda: il concerto non c’entra nulla con il presidio, ma finirà certamente prima degli interventi dei promotori della manifestazione; ipotesi terza: il concerto non c’entra nulla con la libertà di stampa e qualcuno in comune ha fatto un pasticcio. I componenti della band hanno confermato di aver ottenuto tutti i permessi da parte di Palazzo Cernezzi per organizzare il loro set: gli strumenti, infatti, sono alimentati dalla corrente di un esercizio commerciale che ha organizzato il concerto come occasione promozionale nel momento di massima affluenza di persone nel centro città, il sabato pomeriggio. Tutto in regola e tutto più che legittimo. La concomitanza e la vicinanza del concerto con la manifestazione per la libertà di stampa, però, dev’essere sfuggita a qualcuno in comune o quanto meno non ha destato nessun tipo di perplessità. La Nowhere Band ha poi concesso dieci minuti, in cui hanno interrotto il concerto, agli organizzatori della manifestazione per consentire gli interventi previsti. Non è stato però possibile, per via della musica, collegarsi via internet con Piazza Navona a Roma ed è stato impedito, come invece era originariamente previsto, al microfono di essere lasciato aperto per l’intervento libero dei cittadini. La buona riuscita della manifestazione è stata di fatto compromessa. E’ legittimo allora chiedersi se tale disguido sia solamente sintomo dell’improvvisazione e dell’arroganza dell’attuale amministrazione comunale o se si tratti di un chiaro segnale di fastidio nei confronti dei contenuti e delle sigle aderenti al presidio per la libertà di stampa e informazione. E’ sana saggezza popolare, infatti, credere che a pensar male certamente si faccia peccato, ma qualche volta ci si azzecca pure. Certamente l’episodio è dimostrazione evidente di come la libertà di stampa e informazione, la tutela di essa e delle iniziative che la sostengono non sia esattamente il primo pensiero di una certa classe politica. E’ conferma inoltre, se ancora ce ne fosse bisogno, della totale inadeguatezza dell’attuale maggioranza a Palazzo Cernezzi.

Philip Di Salvo

domenica 4 ottobre 2009

Le mie ragioni sul muro



Lo dico subito. Io non voglio che il muro costruito a Como a ridosso del Lario venga abbattuto. So che questo porterà critiche, insulti e risatine di compatimento, ma tant'è. Per cominciare, ricostruisco brevemente la storia della vicenda ed esplicito le ragioni per le quali, secondo me, il cemento armato deve rimanere lì dov'è.
Da qualche settimana Como si ritrova un muro di quasi due metri a sbarrarle la visuale del suo amato lago. Il disastro paesaggistico e ambientale deriva dal discostamento dal progetto iniziale delle paratie, annunciato in pompa magna dal sindaco Bruni per le elezioni comunali del 2007. Inizialmente, erano previsti delle barriere mobili, pronte a salire se il lago avesse minacciato esondazioni. Poi, causa mancanza (o sparizione dei) fondi, l'ufficio tecnico incaricato della costruzione delle paratie, venuto a sostituire gli ingegneri che avevano disegnato originariamente il progetto, si è deciso per l'innalzamento di una muratura stabile in grado di contenere il lago in piena. Il problema principale di tale modifica dei piani risiede nel fatto che in questo modo chiunque passeggi sul lungolago Trento sia impossibilitato ad ammirare il panorama che la città ha sempre saputo offrire.
Se ne sono accorti dapprima dei semplici cittadini, ma subito la notizia ha fatto il giro del capoluogo e, poco dopo, dell'Italia e del mondo intero. L'indignazione in tutti i comaschi è palpabile ed arriva ad una partecipazione e condivisione apartitica mai vista in tutti questi anni di scempi della politica cittadina. Nessun altra decisione da parte della giunta comasca o caso di cronaca avevano creato così tanto clamore e scalpore nella mite vallata: né il caso Rumesh in cui un giovane cingalese ha ricevuto una pallottola nel cranio da parte di un vigile urbano armato (da disposizioni di Palazzo Cernezzi) solo perché non si è fermato subito all'alt della polizia, né l'organizzazione grossolana delle mostre a Villa Olmo (troppo dislocate rispetto alla centro pedonale perché possano permettere una vera valorizzazione turistica della città tutta e perché possano agire in modo integrato al tessuto urbano), né le nuvole d'amianto smosse dalla distruzione della fabbrica dismessa della Ticosa voluta sempre in occasione delle elezioni del 2007.
Per la prima volta una barriera aggruppa e non divide. Il muro è stato l'unico caso di unione indiscriminata da parte della cittadinanza comasca. Per di più, cosa che non si era mai verificata prima, anche la stampa lariana e nazionale si schierano apertamente contro chi ha eretto la barriera, e molti assessori si discostano (in un atto politico astuto quanto disonesto: come se non fossero mai appartenuti alla stessa giunta che ha votato un progetto probabilmente inutile come quello delle paratie e che non lo ha seguito minuziosamente passo dopo passo) dal sindaco Bruni e dall'assessore responsabile Caradonna, ritenuti unici responsabili dell'inghippo. Logicamente, anche la minoranza del Consiglio comunale ha cavalcato l'onda e ha protestato contro la costruzione sul lungolago, celando però che anch'essa non si è occupata minimamente del controllo del progetto, non assolvendo così uno dei compiti fondamentali dell'opposizione. E tuttavia, malgrado la confusione e la provenienza eterogenea dei contestatori muro, si ritrovano tutti dalla stessa parte, con un fine preciso e condiviso. Ecco uno dei motivi per il quale bisogna salvaguardare la nuova costruzione e non abbatterla.
Ma non solo. Ho elencato prima alcuni sfaceli della politica comasca, tutti prontamente cancellati dalla memoria collettiva con buon merito delle istituzioni e dell'informazione locali. Il muro è solo l'ultimo disastro in termini cronologici e si spera che sia quello definitivo affinché la giunta vigente (e il consiglio comunale tutto, perché no?) venga a cadere. Sono stati anni difficili in cui il cittadino comasco cosciente ha dovuto subire tutte queste iatture senza possibilità di confronto e conforto politico. Il muro deve rimanere anche per questo: una sorta di monumento ai martiri di questa politica sciatta e maleducata; una cicatrice in una città ferita, ma che non vuole più essere accoltellata; un memorandum permanente affinché tutti possano ricordare a che cosa porta un voto basato sulla convenienza, sull'ignoranza o sulla semplice fiducia acritica ad uno schieramento politico. In questo senso, la mia posizione nei confronti del muro non può essere tacciata di qualunquismo: sono critico verso tutti gli schieramenti politici che hanno presidiato la politica cittadina sino ad ora, ma sono altresì fiducioso nella possibilità di un cambiamento.
Se i comaschi sapranno occuparla ed appropriarsene, la muraglia potrà diventare parte integrante della città. Potrebbe essere ciò che è presente in quasi tutte gli altri centri urbani e che è invece mancante in riva al Lario: uno spazio condiviso, un punto di ritrovo, un luogo di socialità diurno e serale, dato che la lontananza dal centro abitato ne permetterebbe un utilizzo ininterrotto. Certo, l'altezza non facilita l'accomodamento sulla parete, ma se ho ben capito il livello della strada dovrebbe venire al alzarsi. È palese a tutti che si sia creato un muro, ma forse grazie ad esso è possibile scalfire quell'invisibile barriera presente nella mente di tutti i comaschi.

Matteo D'Antonio

venerdì 2 ottobre 2009

Il vitello d'oro

Il Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi si candida al Nobel per la Pace del 2010.
E' stato creato un comitato per la promozione della candidatura, che si può sostenere anche tramite bonifico bancario. Non poteva mancare il gruppo facebook e il video su youtube.
Intanto, Vespa e Galliani hanno già ricavato uno spazio nella vetrina dei telegatti e dei trofei del Milan.

lunedì 28 settembre 2009

Il rischio di consumarsi


ETICHETTA: distinzioni

Non so se sia una riflessione sensata e se sia valsa la pena di scriverla, però è affascinante il fatto che sia sorta mentre osservavo compulsivamente il mio profilo Facebook. Iniziamo con l'argomentazione.

George Ritzer, professore di Sociologia all'Università del Maryland, si occupa di indagare la società contemporanea e il suo processo di globalizzazione dell'iperconsumismo. Nel suo libro La religione dei consumi, si legge che la società, prima basata sulla produzione, tende ormai a vertere sull'acquisto di beni e servizi e che gli “strumenti di consumo” (ovvero quegli ambienti atti e predisposti al consumo) concentrano le motivazioni d'attrazione delle masse verso l'intrattenimento; quest'ultimo però non è solo subito passivamente dal cittadino, ma anzi spesso ne richiede la partecipazione attiva. Chi gioca d'azzardo in un casinò di Las Vegas scommette autonomamente; chi entra in un fast food sceglie quale menù gustare; chi va a fare la spesa, compie tutte le azioni necessarie a quel fine. Ogni persona sarebbe libera di scegliere in che modo consumare, ma non se essere o meno consumatore.

Secondo l'accademico americano già nel momento dell'apparizione del suo libro (1999), il consumo avrebbe invaso completamente le nostre vite. Mentre prima era il cittadino a recarsi in un mega centro commerciale, a scegliere di andare al supermercato, a decidere di pranzare in un fast food, ora sono i “nuovi strumenti di consumo” che vanno incontro al potenziale acquirente, facendo diventare così la casa come uno dei luoghi commercializzati più in voga nella nostra società. Attraverso la posta, il telefono, la televisione e soprattutto internet, ognuno può ordinare nella propria dimora tutto ciò che gli occorre. Tenendo presente anche il fatto che ormai molti lavori possono essere svolti nella propria residenza, l'abitazione può diventare una specie di prigione senza via d'uscita. Il consumatore entrato nel circolo vizioso del servizio a domicilio può risultare alla stregua di un recluso agli arresti domiciliari. Non solo: la distinzione tra pubblico e privato sarebbe sempre più offuscata dal passaggio di informazioni da una sfera intima ad un vasto dominio di persone. Non è più possibile rifugiarsi nella propria casa e difendersi dall'invasione del mondo cercando di sfuggire al processo di commercializzazione.

È difficile, alla luce di queste considerazioni, non pensare a uno dei fenomeni informatici più chiacchierati degli ultimi anni: Facebook. Infatti, se da una parte sono i nuovi strumenti di consumo a cercare di insinuarsi nelle nostre vite in maniera sempre più pervicace e invasiva, dall'altra sono proprio i consumatori a fornire tutti i propri dati, già ben catalogati e confezionati, pronti a essere accumulati e commercializzati.

Perché accade questo? Perché moltissime persone (ed io tra queste) hanno scelto di donare così tante informazioni che prima non avrebbero mai comunicato?

Torniamo un po' indietro con la storia e parliamo del mito di Narciso descritto da Ovidio. Sommariamente: un bel giovane, dopo aver rifiutato le attenzioni di chiunque l'avesse conosciuto, si specchia in una fonte limpida, s'innamora perdutamente di se stesso e decide di lasciarsi morire non appena comprende che non potrà mai possedere la propria bellezza.

Che ci fosse un po' di Narciso in tutti noi, Andy Warhol l'aveva capito già parecchio tempo fa, quando provocò il mondo con la frase: «In the future, everyone will be world-famous for 15 minutes». Contando che queste parole vennero pronunciate nel 1968, potremmo concordare che il futuro di cui sopra è ad occhio e croce adesso. Warhol non conosceva il web, ma di certo non si sbagliava.

È vero, con Facebook non si diventa famosi. Bisogna però pensare che prima dei social network, sulla rete apparvero i blog, applicazioni che consentono a chiunque di caricare e pubblicare messaggi, scritti, fotografie e video con una facilità estrema e perseguire, quindi, un culto della personalità smoderato; oltre alla speranza di essere ammirati anche da visitatori sconosciuti. Tale fenomeno viene chiamato dagli psicologi, per tornare al nostro bell'Ovidio, narcisismo digitale. Possiamo dire che Facebook, presenti tutte le potenzialità dei blog integrate. Non solo: anche chi non ha nulla da dire (o per lo meno nulla di originale) può pubblicare facilmente brevi pensieri sulla sua quotidianità, immagini e video provenienti da altri siti e da altri autori.

Ecco che allora Facebook sembra rappresentare l'apice dell'iperconsumismo: entra in casa, si nutre di informazioni, sopravvive di dati altrui e, quel che è peggio, si sostenta come una tenia ingurgitando l'utente stesso. Col rischio di passare dalla società dell'iperconsumismo a quella, sia permesso il neologismo, consunziente.

venerdì 25 settembre 2009

Archivio Leitmotiv in pdf!


Da oggi, insieme ai numeri più recenti della rivista, potete trovare qui sul blog della redazione anche alcuni tra i più vecchi numeri di Leitmotiv. I file pdf sono scaricabili gratuitamente dai link a destra nella sezione "Archivio numeri". Un modo in più per recuperare vecchie copie e rileggere qualche articolo.
Il prossimo tema - il numero uscirà in ottobre - riguarderà "La citta murata".

La redazione.

mercoledì 23 settembre 2009

Guai col fisco per Rocco Siffredi

Guai col fisco per Rocco Siffredi. Pare non abbia dichiarato ben 2 centimetri.

lunedì 21 settembre 2009

IL RISCHIO… DI INNAMORARSI!

a Tata


andarsene era scritto però “ciao ciao” , bella ragazza che, non m’hai capito mai… “ciao ciao”

di F. De Gregori



Chi conosceva intimamente Pasolini racconta che il Poeta era ben consapevole di mettere a rischio la propria incolumità fisica pur di coltivare le proprie frequentazioni nelle periferie più recondite di mamma Roma. C’è da crederci, sì, perché Pasolini era proprio così: quando si innamorava di idee o persone era disposto a rischiare fino in fondo, fino al buio del non ritorno. Un rischio simile, sul piano affettivo e sentimentale, lo corriamo in molti, nel piccolo delle nostre esistenze, e molto spesso persino inconsapevolmente. È il rischio di innamorarsi, di lasciarsi prendere, rapire, ammaliare da cose o persone che non di rado si rivelano quelle sbagliate. Mi si potrebbe obiettare che l’innamoramento è qualcosa di gioioso, di positivo, di vitale, e che non si può associare al concetto di rischio, che invece reca in sé un’accezione non troppo buona, non troppo rosea. Non lo so più se è davvero così, e non lo so più per varie ragioniViviamo senza dubbio in un mondo che pare sempre più materiale, sguaiato, in via di continuo imbarbarimento, dove tutto ciò ch’è fisico prevale con brutalità, con arroganza, su ciò che invece è nobile e sentimentale, su ciò che per definizione è più impegnativo, su ciò che richiede un maggiore coinvolgimento a livello di cuore e di intelletto lasciando per un istante da parte tutto il resto. Questo stato di cose mi porta ad affermare che innamorarsi per davvero è uno dei vari e grandi rischi del nostro tempo; il rischio appunto di rimanere troppo “presi”, troppo rapiti dentro, di essere troppo sinceri, infervorati ed appassionati nel vivere una storia d’amore o anche soltanto d’amicizia. Ne consegue che quando tutto miseramente fallisce, magari anche a causa di molteplici fattori esterni che tu non sei in grado di dominare, e per disgrazia sei una persona leale, ti rimangono addosso ferite notevoli, ed il dolore che senti è tutto e solo tuo. Parliamo di tagli profondi che soltanto il tempo è in grado di medicare sino a guarirti, che puoi risanare e spazzar via soltanto sforzandoti ed impegnandoti, cercando con vigore e con tenacia di continuare a vivere col buonumore e la serenità di sempre, restando in pace con te stesso, e - perché no ? - innamorandoti nuovamente. Già, perché - come disse Totò nella sua saggezza napoletana ed assoluta - noi siamo uomini, non caporali, siamo persone con sentimenti e stati d’animo, ed io ritengo che sì, innamorarsi è un rischio per le ragioni sopra argomentate, ma è però anche una sorta di scommessa che bisogna necessariamente compiere… Se è vero che il tempo è galantuomo, come reputo, le persone “con la schiena diritta” verranno, presto o tardi, ripagate. Ha tutta la ragione del mondo Jovanotti, nel momento in cui, nel suo brano “Fango” canta di “un mondo vecchio che sta insieme solo grazie a quelli che hanno ancora il coraggio di innamorarsi”. Quando per la prima volta l’ho ascoltato mi sono sentito davvero in ottima compagnia: qualcun altro ritiene ancora che l’innamoramento, soprattutto oggi giorno, è una strada che richiede un non indifferente coraggio … ma ne val bene la pena!!!


Nicola Battaglia

giovedì 17 settembre 2009

Come il soffitto di una chiesa bombardata


E' morto venerdì scorso all'età di 60 anni Jim Carrol, poeta, scrittore e musicista newyorkese. Il suo The Basketball Diaries pubblicato nel 1978 (edito in Italia come Jim entra nel campo da basket da Frassinelli), cronaca della sua adolescenza da studente presso una prestigiosa scuola dell'Upper West Side di Manhattan negli anni '60 è considerato uno dei maggiori manifesti delle New York pre-punk di quel periodo. Con quel romanzo, Carroll si era guadagnato la nomea di "nuovo Dylan" e la stessa Patti Smith, insieme alla quale e al fotografo Robert Mapplethorpe lo scrittore abitò per diverso tempo, ricorda Carroll come il miglior poeta della sua generazione. Sospinto da Kerouac e Allen Ginsberg, Carroll si era guadagnato già una discreta fama nei circuiti letterari di New York con raccolte quali Organic Trains e 4 Ups and 1 down tra i '60 e i '70. Nel 1973, per sfuggire alla dipendenza dall'eroina, Jim Carroll lascia New York e si trasferisce a San Francisco. La carriera di musicista di Carroll inizia quando Patti Smith lo invita sul palco a declamare alcuni suoi versi durante un concerto. Nasce così la Jim Carroll Band che, grazie all'intercessione di Keith Richards, ottenne un contratto con la Atlantic Records. Il più noto lavoro della band sarà Catholic Boy del 1980. Il disco contiene anche People who died, brano che ottenne un discreto successo e figura anche nella colonna sonora dello spielberghiano E.T. The Extraterrestrial. Da The Basketball Diaries nel 1995 è stato tratto il film Ritorno dal nulla con Leonardo Di Caprio.

Jim Carroll e la sua Wicked gravity sono citati in Inverno '85 dei Massimo Volume:

Per tutto l'inverno dell'85
ho passato i miei pomeriggi di fronte allo stereo
in camera di mio fratello
ad ascoltare Wicked Gravity di Jim Carroll
Mi muovevo al ritmo della musica
immaginando il modo in cui lui poteva muoversi
Mi muovevo al ritmo delle chitarre elettriche
Tutto quello che avrei voluto era essere lui
nell'attimo in cui canta
'Mi sento come il soffitto di una chiesa bombardata'.
Credo che in quel periodo
la mia vita fosse tutta lì


Philip Di Salvo

sabato 12 settembre 2009

Willy Ronis, morte di un gigante della fotografia umanista


Si è spento la scorsa notte a Parigi all'età di 99 anni Willy Ronis, celebre rappresentante della corrente umanista e insieme con Doisneau, Cartier-Bresson, Erwitt, uno tra i più significativi fotografi del Dopoguerra francese.
Nato nel 1910 nella capitale, Ronis iniziò la sua carriera a 16 anni e grazie allo studio fotografico ereditato dal padre potè occuparsi della sua grande passione fotografica per la quale aveva lasciato gli studi musicali. Un anno dopo acquistò la sua prima Rolleiflex e diventò amico di Robert Capa. Legato al Partito comunista, figlio di un rifugiato ebreo scappato da Odessa, Ronis si era affezionato ai temi sociali, attraverso reportage pubblicati in giornali e periodici dove spesso gli operai erano i principali protagonisti. Conosciuto anche per i suoi delicati nudi femminili, tra i quali il più celebre è sicuramente Le Nu Provencal del 1949, fu il primo fotografo francese a collaborare con il magazine statunitense Life. In seguito alla morte del padre, avvenuta nel 1949, Ronis chiuse lo studio ed entrò a far parte dell'agenzia Rapho, insieme con Brassaï, Robert Doisneau e Ergy Landau. Ottenne la medaglia d’oro alla Biennale di Venezia del 1957, mentre nel 1980 fu l’invitato d’onore agli Rencontres Internationales de la Photographie di Arles, dove vinse il Prix Nadar. Nel 2008 fu insignito della Legion d’Honneur. Nel 1983 aveva donato con effetto post mortem le sue opere allo stato francese. La Oxford Companion to the Photograph l'ha definito "il fotografo di Parigi per eccellenza".

Marco Pepe

Il rischio

E' uscito il numero di Leitmotiv di settembre 2009 dedicato a "Il rischio".
E' possibile recuperarne una copia a Como presso:

- Punto Einaudi
- Birreria 35
- Pub Amandla (Cermenate)
- Casa Del Disco
- Renata Music
- Circolo Arci Xanadù
- Libraccio
- Libreria Del Cinema
- Libreria Mentana
- Central Perk
- Cioccolateria
- Informa Giovani
- Caffè Natta
- Ultimo Caffè

E nelle biblioteche di:

- Como
- Blevio
- Brunate
- Cernobbio
- Lezzeno
- Lipomo
- Zelbio
- Nesso
- Como Liceo Volta
- Como Musei Civici
- Como Peretta
- ITIS Magistri Cumacini
- Società Archeologica

Il tema di ottobre sarà invece: "La città murata".
Inviateci i vostri articoli.

La redazione

Un'Italia leggermente schifosa


Il ministro Brunetta, intervenendo alla scuola di formazione politica del Pdl a Gubbio, ha trovato da dire anche sulla Festa Del Cinema attualmente in programma a Venezia e più in generale sull'intero mondo della cultura e dello spettacolo italiano. Il Ministro per la pubblica Amministrazione e l'Innovazione ha affermato, parlando al Ministro dei Beni Culturali Bondi e alla platea di militanti pidiellini: "Esiste un culturame parassitario che sputa sentenze contro il proprio Paese ed è quello che si vede in questi giorni alla Mostra di Venezia". L'attaco, poi, si sposta verso "i parassiti dei teatri lirici: i finti cantanti, scenografi che non si sono mai confrontati con il mercato, tanto Pantalone pagava. A lavorare". Non pago, Brunetta, tra gli applausi scroscianti dei giovani del Pdl, ha chiuso il suo affondo allargando l'obiettivo del suo attacco: "Questo è un pezzo di Italia molto rappresentata, molto "placida" e questa Italia è leggermente schifosa". E' facile leggere nell'aggettivo virgolettato un chiaro riferimento al Michele Placido che, durante la conferenza stampa di qualche giorno fa, tenuta alla Mostra di Venezia, chiamato in causa da una domanda di una giornalista spagnola sulla Medusa aveva polemizzato con Berlusconi. Da ultimo Brunetta si è rivolto a Sandro Bondi pregandolo di "voler chiudere il rubinetto del Fus". Citto Maselli, dal Lido di Venezia, ha fatto notare come "culturame" sia un termine che la politica italiana ha conosciuto in precedenza solo dalle parole di Mario Scelba, ministro degli Interni protagonista di una stagione di repressione violenta degli scioperi nel secondo dopoguerra. Renato Brunetta non si è invece sentito di commentare la passerella di Noemi Letizia al Lido, giudicandola evidentemente parte di un'Italia leggermente meno schifosa di quella della cultura e del cinema.

Philip Di Salvo

giovedì 10 settembre 2009

A Processo gli scritti di Kafka


E' iniziato oggi a Tel Aviv il dibattimento giudiziaro sulla custodia di alcuni scritti autografi di Franz Kafka. La raccolta (che a detta degli studiosi non conterrebbe inediti) comprenderebbe alcune lettere, cartoline e disegni appartenuti allo scrittore autore de Il Processo. Il materiale, che era stato consegnato da Franz Kafka stesso all'amico Max Brod nel 1924 affinchè venisse bruciato dopo la morte dell'autore, è protagonista di una curiosa storia. Come è noto, Brod, conscio dell'immenso valore letterario degli scritti dell'amico, non donò alla fiamme quei fogli, ma li conservò per tutta la vita, portandoli con sè anche nel 1939, anno in cui emigrò in Israele. Fu qui che Brod decise di inserire nel proprio testamento una clausola per la quale il plico di fogli kafkiani venisse consegnato, alla sua morte, ai "custodi nazionali della cultura ebraica in Israele". Per la seconda volta nella loro storia, però, quei fogli non andarono in contro al destino prefissato loro: Esther Hoffe, già segretaria di Brod, custodì i manoscritti fino al 2001, anno della sua morte, ignorando le richieste del testamento. Scomparsa anche la Hoffe, gli scritti giunsero infine nelle mani di Ruth e Hawa Hoffe, figlie di Esther, che tutt'ora custodiscono gelosamente le carte. Il direttore della Biblioteca Nazionale di Gerusalemme, Shmuel Har-Noi rivendica la raccolta di manoscritti di Franz Kafka, appellandosi all'originario testamento di Max Brod e alle miglior condizioni offerte dalla sua Biblioteca al fine di garantire il miglior stato di conservazione dei documenti. La decisione finale passa quindi al giudice di Ramat  Gan (Tel Aviv), il quale dovrà pronunciari sulla finale destinazione degli scritti.

Philip Di Salvo

lunedì 17 agosto 2009

LEITMOTIV (settembre e ottobre)

Leitmotiv tornerà a settembre con il numero intitolato: "Il rischio". Avete ancora questa settimana di tempo per inviare i vostri contributi (giornaleleitmotiv@hotmail.it).

Il tema di ottobre sarà invece: "La città murata"
(consegna articoli: 15 settembre).

Buona continuazione di vacanze,
Leitmotiv

martedì 11 agosto 2009

Il Regno delle Due Sicilie


Non sono un ecologista e non mi importa nulla se la Terra verrà sommersa dalle acque nel tempo di 100 anni. I cambiamenti stanno nell'ordine dei fatti e tanto fa. Mi separo dall'istinto di prosecuzione delle specie e se dovremo morire tutti, che sia.

Non mi oppongo quindi ai cambiamenti, grandi o piccoli che siano. Il taglio di un albero (cedro), le paratie sul Lago di Como (lì mi lamento giusto per insofferenza verso le istituzioni) o la costruzione della TAV.

Eppure, ad una “grande opera” sono fermamente contrario: il Ponte sullo Stretto di Messina. Non dubito sul fatto che porterà spaventose ripercussioni ecologiche; non mi sorprenderei, da buon qualunquista, se molti dei fondi per la costruzione venissero spartiti tra politici e mafia; non mi scandalizzerei se il progetto presentasse delle lacune per quel che riguarda la resistenza sismica. Ma nessuna di queste motivazioni è attacabile dal punto di vista politico e quindi mi interessa.

Io mi oppongo a quell'”opera” secondo una logica sociologica. Il Ponte è una costruzione fatta al Sud per il Sud. Non è né per l'Italia, né tantomeno per l'Europa. Essa collega esclusivamente la Calabria e la Sicilia, ma queste due Regioni rimangono in ogni caso fuori dalle vere vie di comunicazione continentali. Dare la priorità al Ponte piuttosto che alla tanto e sempre discussa Salerno-Reggio Calabria significa questo, e nulla di più. Vuol dire solo separare ancora di più Calabria e Sicilia dal resto d'Italia e d'Europa.

Il mio dubbio è che la Lega di Bossi critichi il finanziamento al Ponte, ma che sotto sotto ne approvi i risultati geosociologici. Il Carroccio, tra magliette razziste e cori da stadio, sa benissimo che quel ponte potrebbe costituire tutt'al più un altro motivo di indignazione nei confronti di Roma e del Sud Italia da parte dello zoccolo duro degli elettori tra le Alpi e il Po. Piagnucola un po' in televisione, ma non si oppone in modo reale alla realizzazione del piano di Berlusconi.

Non mi oppongo alla mutazione sociologica, sia chiaro. Anche quella può avvenire senza drammi. Non posso però fare a meno di indignarmi, però, per ciò che riguarda la componente discriminatoria del progetto. E dell'ipocrisia e delle menzogne che fungono da sostrato giustificativo all'intero piano. Come all'intero governo Berlusconi.


Matteo D'Antonio

mercoledì 29 luglio 2009

Vacanze italiane



Sequestrato ospedale ad Agrigento. Solo ora i cittadini scoprono che non era uno stabilimento balneare.

martedì 28 luglio 2009

"Controllava l'Italia con assoluto potere"



Il Daily Telegraph:
"Silvio come Al Capone".

Solo che lui si fa toccare.

sabato 25 luglio 2009

ITALIA A DUE VELOCITA'



A Napolitano la Clio,

a Berlusconi la Escort.

giovedì 16 luglio 2009

Italiani brava gente - IV


Gerenzano è un paese di circa 10mila abitanti in provincia di Varese, disteso in quella immensa selva di villette a schiera che a rete collega Como, Varese e Milano. Gerenzano è governata dal 1994 da una giunta a monocolore Lega Nord che si è subito dotata di un Assessorato alla Sicurezza presieduto in questo mandato da Cristiano Borghi il quale, da qualche giorno, è riuscito a portare il mite comune varesino sotto gli occhi dei riflettori. Sul periodico di informazione comunale Filo diretto, rendendo atto del suo operato per garantire la sicurezza di tutti gli abitanti di Gerenzano, ha difatti affermato nero su bianco: "Chi ama Gerenzano non vende e non affitta casa agli extracomunitari, altrimenti avremo il paese invaso da stranieri e avremo sempre più paura ad uscire di casa". Nel documento, una pubblicazione ufficiale della giunta comunale che delinea le linee guida della politica dell'amministrazione in fatto di immigrazione, Borghi aggiunge, orgoglioso, di non aver mai favorito in alcun modo l'accesso di immigrati nella cittadina specificando inoltre, vantandosene, che il Comune non si è mai fatto carico della costruzione di case popolari con i soldi dei contribuenti per evitare che esse potessero essere assegnate a cittadini extracomunitari, inevitabilmente in cima alle graduatorie. Borghi aggiunge in calce al suo appello per la purezza gerenzese anche la garanzia che il comune non ha mai "destinato terreni per la costruzione di moschee e destinato edifici come luoghi di culto agli extracomunitari di religione islamica". Nel caso ci fosse il dubbio. Borghi, investito dalla polemica che ha portato il caso anche all'attenzione dell'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, operante presso il Ministero delle Pari Opportunità, si è immediatamente difeso smentendo ogni timore o sentore di razzismo: "Non c'è nulla di razzista, non dico di non affittare agli extracomunitari, ma di controllare chi si mettono in casa". 

Philip Di Salvo


mercoledì 15 luglio 2009

STRATEGIE. Il potere del web

James Hudson, viceconsole britannico in Russia, è stato costretto a dimettersi dopo che su internet si è diffuso un video che lo ritraeva in una casa chiusa in compagnia di alcune prostitute. Il filmato, intitolato ironicamente: “Le avventure di Mr. Hudson in Russia”, è uno dei più cliccati sul web. In Italia queste cose non succedono, nel senso che non ci si dimette.
Francesco Carrubba

martedì 14 luglio 2009

lunedì 13 luglio 2009

STRATEGIE. La finta cerimonia

La Rappresentanza sindacale di base della Lombardia ha celebrato a Milano il “Requiem del lavoro. Funzione solenne in ricordo del lavoro a tempo indeterminato". Con l’accompagnamento di una tromba, 20 rappresentanti dei dipendenti del pubblico impiego hanno portato in corteo un grande striscione con la scritta ironica: "Il lavoro è morto e anche noi non stiamo tanto bene".
Francesco Carrubba

venerdì 10 luglio 2009

STRATEGIE. Il raffreddamento

Cinque NoGlobal sono stati fermati a Roma mentre inscenavano uno spogliarello con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del riscaldamento globale. Gli ambientalisti avevano anche esposto uno striscione rivolto ai grandi leader mondiali, che recitava: “Raffreddate il clima, così Berlusconi potrà finalmente tenersi addosso i vestiti”.

Francesco Carrubba

giovedì 9 luglio 2009

STRATEGIE. La mossa delle lavatrici

Per far collassare le centrali elettriche di Teheran e oscurare un discorso televisivo di Ahmadinejad, nei giorni scorsi i manifestanti iraniani hanno azionato contemporaneamente e alla massima potenza lavatrici, ferri da stiro, aspirapolveri e condizionatori. Questa forma di protesta ha provocato un black-out di 15 minuti in alcune zone della Capitale e, vista l’efficacia, sarà ripetuta ogni sera alle 21,30.
Francesco Carrubba

mercoledì 8 luglio 2009

Sopra la panca la capra camp



Qualche anno fa diedi un esame di Critica e Teoria della Letteratura dedicato al postmoderno. Tra i testi in programma figurava anche il mitico Cesarani R., Raccontare il postmoderno, Bollati Bolinghieri, Torino 1997. Lo lessi con passione e scoprii di essere e di essere sempre stato in tutto e per tutto postmoderno. Ma non è di me che voglio parlare.

Oggi, accendo il computer, mi collego ad internet, navigo un po', mi ritrovo su Repubblica.it. Mi interesso ad un articolo in particolare. Titolo: "Yes we camp! La protesta dei terremotati a L'Aquila". Più che un pezzo scritto, sono diverse fotografie rappresentanti la manifestazione organizzata da alcuni comitati de L'Aquila e concretizzata tramite un'enorme scritta in lettere di plastica bianche apparsa sulla collina di Roio, nei pressi del capoluogo abruzzese. Riprendono chiaramente e in modo intelligentemente ironico lo slogan utilizzato da Barack Obama durante la sua scorsa campagna elettorale.

Subito la mente mi scivola verso i vaghi ricordi di quell'esame sostenuto in una mite Primavera di tre/quattro anni or sono, quando avevo studiato praticamente a memoria la definizione di camp . Copio e incollo:

«Quello del camp è un caso esemplare. La parola, come si sa, deriva dal gergo omosessuale maschile, e indica una banalità, una mediocrità, un artificio, un'ostentazione così estremi da riuscire divertenti o da avere un appeal profondamente raffinato, l'affettazione e l'apprezzamento di modi e gusti che comunemente sono considerati stravaganti, volgari o banali. (Questi tre ultimi aggettivi mi fanno subito pensare ad un uomo molto camp quale Mike Bongiorno. Non ci ho potuto fare nulla, appena li ho letti non sono riuscito a non pensare a lui. Ndr). Andrew Ross ha osservato che l'effetto camp deriva non solo da un senso aristocratico e teatrale di raffinatezza e ironia, ma anche da un sentimento di nostalgia e impotenza. Esso è reso possibile "ogni volta che un oggetto creato secondo un modo di produzione assai più antico e ormai privato del potere di dominare i significati culturali diventa disponibile nel presente, per essere ridefinito secondo le modalità del gusto contemporaneo"».

In questo senso i terremotati dell'Abruzzo (e perché no? tutti i terremotati) hanno un non so che di camp. E allora per forza che ho molta più stima per loro che per tutti i leader venuti a commuoversi tra le macerie: questi ultimi di camp non hanno proprio nulla.

Matteo D'Antonio



venerdì 26 giugno 2009

Moonwalking in heaven (II)


Michael "Jacko" Jackson (1958-2009).
Regnò sul pop per un decennio.

Il re è morto, viva il re.

Moonwalking in heaven




Cazzo, è morto Michael Jackson

lunedì 22 giugno 2009

Cinque anni di Leitmotiv

Giulia Bruno: Direttora responsabile. è una signora di mezzetà nata nel lontano 1958. Vita spesa tra l'autocoscienza femminista e la comunicazione. Leitmotiv, l'esperienza più seria che troverete nel suo curriculum.

Elisa Mariani: Redattrice. Nasce a Seregno il 20 Giugno 1986. Studia Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Milano, collabora con Leitmotiv dal numero sul Terrore, pubblicato nel Novembre 2007. Ha collaborato con il quotidiano La Provincia e lavora come addetto stampa.

Marco Astolfi: Vignettista e grafico. Nasce a Como nell'84. Ingegnere e perdigiorno. Nel 2005 dopo una durissima selezione in cui era l'unico candidato, ottiene il ruolo di vignettista per Leitmotiv e viene subito censurato. Da Aprile a Ottobre calza sandali.

Alis Barbaro: Redattore. Nasce a Milano, vive a Como e studia a Lugano. Laureatosi in Filosofia nel 2007, studia ora Gestione dei Media, convinto di poter mettere a frutto l'esperienza maturata fin dall'atto di fondazione con Leitmotiv.

Gianluigi Bocelli: Redattore. Nasce la notte di una domenica estiva del 1984 a Como. Letterato e musicista, rimpiange la fine del sistema mecenatistico che lo costringe a lavorare per davvero (se insegnare musica si può considerar tale) nonostante i sogni di gloria che i titoli perseguiti presso il Conservatorio e la facoltà di Lettere promettevano. Senza rassegnarsi prosegue comunque la propria attività artistica come concertista e scrittore, a lato degli studi di musicologia e del lavoro. È redattore da troppo tempo per essere ancora credibile. Da grande vuol fare il veterinario perché ama i gatti.

Francesco Carrubba: Vicepresidente: Nasce a Como il 14 Maggio 1984, in piena primavera e già con la rinite allergica. Dal Marzo 2009 è Dottore Magistrale in Scienze Politiche, insomma è disoccupato ma con stile. Per Leitmotiv, della cui Associazione è il vicepresidente tuttofare da Settembre 2008, scrive dal secondo numero su La Città (Agosto 2004). Lavora saltuariamente al Teatro Sociale di Como e collabora con CiaoComoRadio come conduttore e autore. Infine, nella redazione di Radio Italia Solo Musica Italiana fa lo stagista speranzoso. Spesso si domanda che vita sarebbe senza Kebab.

Matteo D'Antonio: Presidente. Nasce a Battipaglia 25 anni or sono. Già nostalgico della mozzarella di bufala, dopo il primo quinquennio di vita lascia la città natale per trasferirsi nella (ir)ridente Como. Inizia gli studi e nel 2003 diventa più perito che informatico. Estremamente fedele alla sua incoerenza, sceglie la Facoltà di Lettere e Filosofia per assicurarsi una brillante carriera nell'ambito della disoccupazione. Da Settembre 2008 è presidente in contumacia dell'Associazione Culturale senza scopi di lucro Leitmotiv. Ora scrive autobiografie in terza persona.


Philip Di Salvo: Direttore Editoriale. Nasce a Como nel Settembre del 1987. Studia Lettere presso l'Università degli Studi di Milano. Collabora con Leitmotiv dal numero dedicato al Gioco, pubblicato nel Novembre del 2006. Collabora anche con il portale musicale www.liverock.it e il magazine Lake Como Lifestyle. Per CiaoComoRadio realizza e conduce il programma di approfondimento musicale Zang Tumb Tumb.

Enrico Lucca: Direttore Editoriale. Nasce a Como il 10 giugno di ventisei anni fa. Ha studiato Filosofia all'Università Statale di Milano, dove da Gennaio 2009 è dottorando di ricerca, sempre in Filosofia. Si interessa in particolar modo al pensiero ebraico novecentesco. Nel 2008 ha studiato in Germania, a Göttingen, grazie a una borsa DAAD. Ora è a Modena, dove sta portando a termine, presso il Collegio S. Carlo, una specializzazione in Scienze della Cultura. È uno dei fondatori di Leitmotiv.

Marco Pepe: Redattore. Nasce a Como nel Settembre del 1984. Studia Economia e Gestione dei Beni Culturali e dello Spettacolo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Membro del Chaosmonger Film Studio, è videomaker collaboratore esterno del Teatro Sociale di Como. Occasionalmente aiutante della mitica Birreria 35. È uno dei fondatori di Leitmotiv.

Alessandro Ronchi: Direttore Editoriale. Nasce a Monza il 6/12/1982, vive a Cermenate (CO) ed è un aggravante. è laureando in Lettere Moderne presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, come se non bastasse. Non pago, collabora con Leitmotiv dal Giugno 2005.

giovedì 18 giugno 2009

Where is my blog?


Facebook, twitter, centinaia di blog stanno raccontando l'Iran di questi giorni. Mentre internet viene oscurata e la stampa estera allontanata dal paese, la resistenza, l'informazione è filtrata, nei racconti, negli aggiornamenti di status di chi, dalla piazza, si connette con l'agorà telematica. Navigare in rete, a Teheran, è un atto di resistenza mentre il regime fa sparare sulla folla di manifestanti inermi. Le informazioni si fanno più rade, ma passano. Sono circa 500 gli oppositori politici arrestati, una ventina quelli uccisi. Repubblica ha pubblicato stamattina l'ultimo post di uno dei blog più noti in Iran. Il nome dell'autore, per ragioni di sicurezza, non è stato reso pubblico. Lo riportiamo:

Sono andato in piazza Vanak. La folla s'addensava, fino a diventare un immenso ingorgo umano; altri continuavano a fluire da via Vali-Asr, che collega i quartieri più a nord di Teheran con quelli più a sud. Vali-As era gremita di dimostranti: marciavano dal nord e dal sud. Mai visto un raduno tanto civile. I poliziotti sorvegliavano attorno alla piazza. Qua e là, gruppetti di persone conversavano con loro. Due giovani leve della polizia erano lì in piedi a guardare. Un'anziana li ha interpellati: "Sareste pronti ad arrestarmi?". Uno dei due le ha risposto: "No! Certo che no, non ne avremmo mai il cuore, non vedi che noi e voi siamo gli stessi?". Il soldato avrà avuto vent'anni. Molti iraniani che ascolto, sono concordi: sabato 13 giugno è iniziata una nuova era. Ho visto tre ragazzine adolescenti, snelle e piccoline, forse troppo giovani per trvarsi lì; facevano anche loro il segno della vittoria al passaggio dei dimostranti. Malraux avrebbe certo scritto un lungo testo su tutto questo. Eppure io ero muto, senza parole. Davanti a me, ieri, passavano uomini e donne immortali.

martedì 16 giugno 2009

Italiani brava gente - III


Petru Birlandeanedu entra nella stazione di Montesanto a Napoli, è appena stato raggiunto da due proiettili sparati da sicari della Camorra in motorino. Non era lui l'obiettivo del raid, ma è stato colpito al torace e ad una gamba. Corre, sottobraccio alla moglie Mirella verso i tornelli della stazione, poi si accascia a terra. Petru, romeno, si guadagnava da vivere suonando la fisarmonica sui vagoni, da Mirella aveva avuto due figli, il più grande dei quali era rimasto in Romania. C'è un video, pubblicato da Repubblica che mostra gli ultimi istanti di vita del musicista: Petru Birlandeanedu muore davanti ai tornelli della stazione per i colpi d'arma da fuoco da cui è stato raggiunto, da innocente. La moglie si sbraccia, chiede aiuto, non sa cosa fare. Petru è a terra, agonizzante. Attorno alla coppia prosegue indifferente il viavai dei passeggeri: alcuni fuggono imperterriti, altri passano dritti, alcuni parlano al cellulare, altri si preoccupano di obliterare il biglietto. Nessuno aiuta la donna o si preoccupa di chiamare i soccorsi. A 100 metri di distanza c'è l'Ospedale Pellegrini, ma nessuno si avvicina a Petru. Basterebbe sollevarlo da terra. Un gruppo di donne raggiunge i tornelli e fugge, voltando le spalle. Sulla scena della sparatoria sopraggiunge un'ambulanza. Due feriti, un'ambulanza. L'altro ferito, un ragazzo napoletano a sua volta estraneo al regolamento di conti, viene portato in ospedale. Petru Birlandeanedu resta solo con sua moglie davanti ai tornelli per mezz'ora. I soccorsi arriveranno troppo tardi. Petru Birlandeanedu resta a terra, Mirella al suo fianco. Tutt'intorno, nessuno.

Philip Di Salvo

domenica 14 giugno 2009

5 anni di Leitmotiv: un giornale appeso a un filo




5 anni di Leitmotiv:
Un giornale appeso a un filo

Mostra per i primi cinque anni di attività della rivista Leitmotiv

Biblioteca Comunale
Piazzetta Venosto Lucati 1
22100 Como

dal 15 al 30 giugno 2009
ingresso libero

Inaugurazione: Lunedì 15 giugno, ore 17 e 30.

domenica 7 giugno 2009

Obama uno di noi

Sono entusiasta dopo aver letto l'articolo (che segue) apparso oggi sul sito del Corriere della Sera. Massima simpatia (anche nel senso etimologico del termine) per il President Obama. A Parigi come me, viaggia in aereo come me, vita mondana come me, alle mostre al Pompidou come me, cene fuori come me (qui si differenzia leggermente sui gusti culinari e sulle scelte delle bevande, ma tant'è). Obama è venuto in Erasmus! Barack uno di noi!

Parentesi seria: grande apprezzamento per quel che riguarda il suo rifiuto all'invito a cena ufficiale di Sarkò e Carlà. Lezione di stile.

Matteo D'Antonio

Segue l'articolo:

imbarazzo dell'eliseo, che avrebbe voluto almeno un pranzo «a quattro»

Gli Obama turisti a Parigi

Programma strettamente familiare per il presidente Usa. Indisponibile per impegni ufficiali

Barack Obama saluta dal centro George Pompidou, a Parigi  (AP)
Barack Obama saluta dal centro George Pompidou, a Parigi (AP)
PARIGI - Dopo una missione molto impegnativa tra Medio Oriente e Vecchio Continente, Barack Obama si è regalato un giorno da turista, insieme a moglie e figlie, a Parigi. Prima di riprendere l'Air Force One alla volta di Washington, il presidente americano con la first lady Michelle, è andato al Centre Pompidou, dove ha visitato non solo la collezione permanente del Beabourg progettato da Renzo Piano e Richard Rogers nel 1971, ma anche le mostre sullo scultore statunitense Alexander Calder e il pittore russo Vassily Kandisky.

CENA FAMILIARE - In realtà, la vacanza parigina degli Obama è iniziata già sabato sera: appena rientrati nella capitale dalla Normandia, dove hanno partecipato alla cerimonia del 85esimo anniversario del D-Day, sono andati alla Cattedrale di Notre Dame. E poi, con alcuni amici, a cena a La Fontaine de Mars, un tradizionale bistrò parigino nel settimo arrondissement. Un cameriere del ristorante, Gabriel de Carvalho, ha raccontato a una televisione francese che il presidente ha ordinato un cosciotto d'agnello e gli altri commensali bistecche, e a tavola è stata servita solo acqua niente vino.

IMBARAZZO ALL'ELISEO - La scelta degli Obama - che avevano optato per una serata non ufficiale anche venerdì dopo che il presidente si era riunito con la famiglia arrivata direttamente a Parigi - ha creato qualche imbarazzo e disappunto all'Eliseo, che avrebbe desiderato un appuntamento ufficiale, o un'uscita a quattro - con Michelle e Carla - in uno dei più esclusivi ristoranti di Parigi, proprio alla vigilia dell'apertura delle urne in Francia. Invece Obama non ha dato disponibilità a nessun appuntamento ufficiale ed oggi lascia Parigi dove invece rimangono Michelle Sasha e Malia per un altro giorno di turismo e stasera andare, da sole, a cena all'Eliseo.