martedì 24 marzo 2009

Cosa abbiamo imparato oggi?
#1 - Cronache pendolari dal paese reale

Inauguriamo oggi la serie "Cosa abbiamo imparato oggi?", un appuntamento che apparirà a cadenza variabile sul blog della redazione di Leitmotiv. Tratteremo qui alcuni episodi, fastidi dialettici e dialoghi intercettati a cuffie spente provenienti dal paese reale e dallo Zietgeist della nazione. Cronache pendolari, perchè registrate da quell'immenso ricettacolo di speranze e sincerità che solo un treno di pendolari sa essere.

24 marzo 2009
Cosa abbiamo imparato oggi? #1
Pd(l), sono tutti uguali.
Lei, trentacinquenne, capelli biondi, abbigliamento vistoso. Lui, in odore di pensione, apparenza sobria e tranquilla. Lei, un po' svampita, eterna ragazzina. Lui, quello che ne sa, vissuto, "Corriere Della Sera" sotto braccio. Si conoscono, sono "amici di treno". Non sono colleghi, ma la consuetudine del medesimo treno all'alba li ha resi amici. Sono parte di un piccolo gruppo che, in nome della medesima consuetudine, salgono alla medesima stazione. Si tengono i posti a vicenda, si cercano tra la gente. Si salutano, parlano. Tutte le mattine. Del più e del meno. Lei vuole solo parlare. Con chi, non ha importanza, ma si capisce da subito che il suo conversatore preferito è lui che, però, non le dà corda. Lui legge il giornale. La prima pagina del "Corriere Della Sera" è dedicata al congresso di Alleanza Nazionale, dove sono state stabilite le linee guida per il definitivo assorbimento del partito nel Popolo Delle Libertà di Berlusconi. Lei cerca l'attenzione di lui.
"Quindi è nato il Pdl?"
-"Sì, An adesso ne fa parte e non ci sono più Forza Italia e Alleanza Nazionale separati."
Convinta: "Ah sì sì, bene così!"
-Mugugni di assenso.
"Ma quindi adesso c'è questo partito nuovo?"
-"C'era già da prima, ma erano due separati."
"Ma intendi quell'altro Pd? Non c'era già il Pd?"
-"Sempre Pdl, si chiamava già Pdl da prima."
"Ma non si chiamava Pd quell'altro che hanno fatto di recente?"
-"Ci sono il Pd e il Pdl, sono due cose diverse."
"Ah."
-"Voglio dire il Pd e il Pdl, no?"
"Ah ci sono sia il Pd che il Pdl, diversi?"
-"Sì, certo, il Pdl è di Berlusconi, il Pd è quell'altro."
"Quindi Pd e Pdl."
-"Sì, ma il Pd sono i comunisti."
"Ma quindi erano... quando ho votato era Pd o Pdl?"

Cosa abbiamo imparato oggi? #1

Philip Di Salvo

giovedì 19 marzo 2009

Tutto in bianco e nero a parte il sole


La prima fotografia, Mario Giacomelli l'ha scattata a 27 anni. Come a dire, non è mai tardi per scoprirsi uno dei più grandi fotografi italiani. Non a caso, la sua opera è in esposizione al Centro forma di Milano, fino al 22 marzo.
La prima parte racconta la semplice gente italiana de "La buona terra" con volti che sembrano usciti da "I mangiatori di patate" del primo Van Gogh. Un esempio di "verismo" fotografico: gli occhi di Giacomelli trasformano in immagini reali racconti e personaggi di Pasolini e Verga.
Poi, sempre con la dolcezza del bianco e nero in primo piano, è il turno del reportage da Lourde, che, in quelle code infinite di ammalati (immigrati), fa tornare alla mente i nostri (molto meno romantici) Centri di Permanenza Temporanea (il tema della migrazione, d'altra parte, torna spesso tanto in Giacomelli quanto nelle cronache dei nostri giorni).
Giacomelli è anche fotografia di posa, delicata e emozionante, come nel fotoromanzo "Un uomo, una donna, un amore" e fotografia artistica, come nella famosa serie dedicata ai preti. Amava immortalare questi ultimi, le suore e i pretini, soprattutto per giocare con il contrasto tra le tonache nere e gli sfondi bianchi. La stessa ricerca vale per gli scatti dell'Ospizio e di Scanno (in Abruzzo), con i vecchietti di paese e le donne apparantemente sempre in lutto.
Inoltre, Giacomelli ha dedicato gran parte della sua carriera alla descrizione ossessiva della natura, tentando con insistenza di conoscerla e afferrarla completamente, in paesaggi che sono radiografie, che sono evidenziatori.
Oltre che fotografo e pittore, era anche poeta e lo dimostrano i bellissimi titoli dei suoi percorsi fotografici: "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi" (l'Ospizio), "Io non ho mani che mi carezzino il volto" (i preti), "Il volo lento delle farfalle" (astratto). Ma l'amore per i versi si concretizza soprattutto nelle serie dedicate a tre poesie: A Silvia (Leopardi), Il ritorno (Caproni) e, infine, Canto dei nuovi migranti (Costabile) - meravigliosa per i migranti, i figli di migranti e per tutti gli altri -.
Assieme a Gardin, un grande rappresentante della fotografia italiana nel mondo.

Francesco Carrubba

mercoledì 18 marzo 2009

Drop Bush, not bombs


(Appendice ad un articolo ancora inedito - L'America)

Con un ottimo eco pubblicitario, si è aperta qui a Parigi la retrospettiva del famoso fotografo statunitense David Lachapelle. La sua opera è intrinsecamente connessa all'american way of life per la sua feroce e mai celata critica al mondo della fotografia di moda e pubblicitaria e a tutto ciò che ad esso è connesso. Mi piacerebbe prendere in esame solo due sale dell'esposizione.

Innanzitutto, quella che più esplicitamente palesa la disapprovazione nei confronti dell'ipocrisia americana, Recollections (2006): Lachapelle ha acquistato su Ebay alcune fotografie scattate da anonimi verso la fine degli anni '70, rappresentanti scene di vita comune e, anzi, stereotipica negli Stati Uniti (feste in casa, ritratti di famiglia, pose sul sofà, barbecues, etc etc) per poi inserire tramite fotomontaggio degli elementi che ne stravolgessero il senso. Ecco che allora, la calma nonnina seduta a fianco dei soggetti principali non riesce a trattenere un esplosivo conato di vomito, l'alcool servito alle festicciole si spreca e uomini nudi fungono da tavolino. Ma non solo: il marchio compare più potente che mai sulle lattine di birra e sulle magliette delle anziane signore: Bush kills. Drop Bush, not bombs.

La seconda sala di cui vorrei parlare è quella iniziale, dove troneggia una delle opere più conosciute di Lachapelle, La pietà: Courtney Love stringe tra le braccia un Kurt Cobain morente (logicamente, un modello sosia), mentre loro figlio gioca angelicamente ai loro piedi. La mostra, espone anche il video del backstage di quest'opera che ha per colonna sonora l'Hallelujah cantata da Jeff Buckley. Tutto quest'insieme ha la capacità di catapultare il visitatore/spettatore nel clima grunge dei 90s americani. Ma non solo: mi sembra che proprio in La pietà, oltre a collegare il sacro al profano, Lachapelle riesca ad unire una forte critica a un trasparente amore per la propria nazione e per quello che essa rappresenta. E la vicinanza e la distanza tra Europa e America.

Matteo D'Antonio

martedì 17 marzo 2009

Principianti o il Graal della letteratura


Questo pomeriggio ho visto in libreria Principianti e mi ha aperto gli occhi, la lettura della versione originale di Di cosa paliamo quando parliamo d’amore è diventato un pensiero costante da quando ho notato la provocante banda rossa sulla copertina “prima edizione mondiale”. Nessuno o almeno non la me diciannovenne che lo ha letto per la prima volta, poteva sapere che i racconti fossero passati attraverso le cesoie dell’editor Lish. Sembra che costui abbia tagliato fino al settanta per cento (!) di alcuni testi presenti nel manoscritto originale, cambiando addirittura il finale se giudicato necessario. Lo stesso Raymond Carver avrebbe persino cercato di bloccare la pubblicazione di quello che sarebbe poi stato il lettissimo, tanto da diventare in sé espressione buona per i titoli de l’Espresso, Di cosa parliamo quando parliamo d’amore. Con assoluto rispetto filologico, riporto dal sito dell’Einaudi: “Carver implorava Lish di sospendere la pubblicazione del volume e ripristinare i passi tagliati: «Ti dico la verità, qui è in gioco il mio equilibrio mentale. Ora non vorrei fare il melodrammatico, ma davvero ho appena fatto ritorno dai morti per rimettermi a scrivere dei racconti. (...) E adesso ho una gran paura, una paura da morire, lo sento, che se il libro fosse pubblicato nella sua attuale forma revisionata, non riuscirei più a scrivere un altro racconto, Dio non voglia...» Una crudele operazione di marketing? Una cattiveria perpetuata ai danni del povero Cassini di Minimum Fax, reo di essere riuscito a strappare i diritti di pubblicazione al colosso torinese ormai dieci anni fa? Un Graal della letteratura novecentesca? Leggerlo o non leggerlo questo il problema.

Elisa Mariani

lunedì 16 marzo 2009

Ecco i miei gioielli: perchè Cassano non può andare alla Juventus (Nè altrove).


















Da qualche tempo si ciarla in qualsiasi programma calcistico o giornale sportivo, di una probabile cessione di Antonio Cassano da parte della Sampdoria a fine stagione. L'operazione di mercato è data ormai anzi quasi per compiuta e la Juventus sembrerebbe la squadra più accreditata per concludere l'affare, stando almeno a quanto ogni giornalista sportivo si sente in dovere di dire. Ecco però alcune solidissime e serissime motivazioni per le quali Antonio Cassano non può lasciare la Sampdoria:

1) Antonio Cassano attualmente gioca già nel più prestigioso club calcistico del campionato di serie A italiano. Questo è evidente e incontrovertibile.
2) "Andare alla Juve" è di per sè un concetto banale. Un imborghesimento precoce di cui Cassano non ha affatto bisogno.
3) Alla Samp Cassano ha trovato l'ambiente perfetto in cui esprimersi, la migliore tifoseria, la società che meglio lo ha capito e valorizzato da quando è un calciatore professionista.
4) A Torino dovrebbe sempre sgomitare per avere un posto da titolare con quello che parla con gli uccellini. Alla Samp, al contrario, è leader e titolare fisso.
5) La Juventus è pur sempre una neopromossa.
6) Se il problema è giocare la Champions League ai massimi livelli la Juventus non è la soluzione (Nè tanto meno l'Inter, per non parlar del Milan).
7) A Torino non c'è il mare.
8) A Genova si è innamorato.
9) L'ha promesso a Fabio Fazio.
10) Ho acquistato e letto il suo libro.
E adesso, per favore, basta.

Philip Di Salvo

domenica 15 marzo 2009

E' morto James Purdy

Lo scrittore americano James Purdy è morto lo scorso 13 marzo a Englewood (New Jersey), all'età di 94 anni. Contrariamente a quanto spesso riportino le biografie, Purdy non era nato nel 1923, bensì nel 1914, come ha spiegato John Uecker, assistente personale di Purdy, che ha diffuso la notizia della scomparsa dello scrittore. Il particolare della data è solo l'ultimo dettaglio oscuro di un autore che si è sempre mosso tenendosi a distanza dai circuiti letterari statunitensi, scatenando reazioni e sentimenti contrastanti, di totale ammirazione o di avversione. Per la sua scrittura visionaria e fluttuante e gli scenari evocati di innocenza delusa, disperanti e ossessivi che delineavano un'America complessa e feroce, Gore Vidal lo ha definito "un autentico genio americano". Purdy è autore di circa venti libri, ma la sua fama si deve a romanzi quali "Sono Elijah Thrush", "La versione di Geremia" e, soprattutto "Malcolm", il suo capolavoro. Le opere di Purdy sono state pubblicate da Einaudi, che ha portato i libri di Purdy in Italia già verso la fine degli anni '50. Nel 2004 Minimum Fax aveva ristampato "Malcolm", cui era seguita la riedizione de "Il nipote".

Philip Di Salvo

sabato 14 marzo 2009

Tanti auguri in giro per il mondo


Scriverò come fossi un novantenne che malinconicamente ricorda i fatti di infanzia.

Anno 1997. I Daft Punk pubblicano il loro primo album Homework che riscuote un ampio successo di critica e di pubblico soprattutto grazie al video della canzone Around the world diretto da Michel Gondry. Un ragazzino, un bel pomeriggio accende la televisione e capita sul canale musicale di allora (non c'era ancora MTV). Vede il video, se ne innamora perdutamente. Mai canzone in inglese era mai stata tanto semplice da comprendere. Mai videoclip fu più azzeccato. Mai potrà esistere un'altra coreografia perfetta a questa maniera.

Anno 2009. Lo stesso ragazzo perde tempo su internet di notte e si imbatte in un altro videoclip. Raffaella Carrà non è da sottovalutare, questo lo sa bene. E tuttavia, non si può immaginare a cosa si va incontro cliccando play sul video di Hay que Venir Al Sur, versione spagnola di Tanti auguri. Il balletto iniziale è sconvolgentemente simile a quello di Around the world.
Avere in Italia il meglio e non saperlo.
Credere di essere superiori solo perché si sono vinti i Mondiali. E invece c'è dell'altro.
Ora posso andare a dormire felice.

Matteo D'Antonio

Per un confronto:

Daft Punk: http://www.youtube.com/watch?v=K0HSD_i2DvA
Raffaella Carrà: http://www.youtube.com/watch?v=G5Y6uFjEYBM

venerdì 13 marzo 2009

The Ex, a Milano














Mercoledì 18 marzo il Circolo Magnolia di Milano ospiterà il concerto degli Ex.
Gli Ex sono una delle formazioni più rispettate del rock indipendente degli ultimi 25 anni. Olandesi, gli Ex sono una formazione post-punk che dal 1979 porta avanti l'emblema dell'indipendenza in musica: senza fronzoli, sperimentali, etici, geniali. In più di venticinque anni di carriera hanno collaborato con musicisti d'avanguardia e jazz, esplorando territori eterogenei e spesso distanti dal punk, loro background culturale di partenza, pubblicando dischi insieme al violoncellista Tom Cora, i Sonic Youth e i Tortoise. Nel 2007, in seguito ad un viaggio in Etiopia, gli Ex incontrano Getatchew Mekuria, sassofonista inconsapevolmente free - non poteva saperlo lui, che mai era uscito dal suo paese prima di allora - e realizzano un disco importante e stupendo, "Moa Ambessa" in collaborazione con lui. Nel 2009 G.W Sok, dopo essere stato dal 1979 la voce del gruppo, lascia la band e viene sostituito da Arnold de Boer che già aveva collaborato con gli Ex.
Al concerto per il venticinquesimo anno di carriera degli Ex, Steve Albini, sul palco di Amsterdam con gli Shellac, ha dedicato così un brano agli Ex:
"This show represents a triumph of normal people over businnes men and over social manouvers, and celebrities and politicians. This evening is a triumph, is a recognition of how fundamentally right normal people are. The average marriage lasts seven years, the average government lasts four years. The life expectancy of a dog is fourteen years. Next year, two years from now, European currencies will all disappear. Nothing lasts forever, except The Ex. Because they're better than love, they're better than money, they're better than politics, and they're better than animals."

www.theex.nl
video: www.youtube.com/watch?v=fer-KmCtdgQ


giovedì 12 marzo 2009

Questo terribile intricato mondo

Questo terribile intricato mondo è una raccolta di racconti programmaticamente politici pubblicato da Einaudi lo scorso novembre.
Con la copertina che strizza l’occhio al centenario del futurismo riprendendo il tumultuoso Rissa in Galleria di Umberto Boccioni e la misurata nota dell’editore (sorvolabile anziché no), che spiega malamente “senza retorica e senza retorica del cinismo” la necessità di una raccolta di racconti politici, il libro dà idea di quanto sa essere onesta la narrativa italiana.
A partire dall’intelligente racconto di Walter Siti che segue l’ascesa di un candidato aennino al consiglio provinciale di Roma, facendoce veramente ridde, passando per il racconto di Ascanio Celestini sulla scomparsa del corpo del sovrano, nella fattispecie il papa. Certi ricordano da vicino l’impostazione di BluNotte, non temendo di rifarsi direttamente alla trasmissione di Carlo Lucarelli come l’Hic Sunt Leones di Rosetta Loy, mentre altri giochicchiano con un argomento senza troppo crederci (il di molto sconclusionato Porchè di Antonio Pascale) o risultando quasi tronfi a causa del troppo crederci, come nel caso del professor Asor Rosa, per la cui lettura si consiglia incrollabile fiducia nella Repubblica Italiana e una discreta resistenza.
Si inseriscono Stefano Bartezzaghi e Diego De Silva che convincono a pieno. Il primo scrive un esercizio di stile sul politichese (la stessa lingua delle questioni che “si sollevano” o in alternativa dei problemi che “vengono risolti”), quanto al racconto di De Silva (Il mezzo nichilismo dell’homo democraticus) riporto solo questo stralcio:

(…)La pistola ce l’ha consegnata subito. Gli abbiamo chiesto cosa voleva farci. Portare l’attacco al cuore dello Stato, ha detto. Ho ascoltato quel racconto demenziale annuendo a tempo, manco avessi seguito una barzelletta di cui non conoscevo il finale.
-Sì, ma io che c’entro? – ho chiesto. Finalmente una domanda sensata. (…)

La raccolta spiega da sé le tante visioni della politica italiana da parte dei nostri scrittori e allo stesso tempo la versatilità di alcuni di questi davanti a un tema sfinge. Senza troppo osare, onesti nei confronti di se stessi e dell’editore che non per niente ha scelto una frase di Berlinguer come titolo per la raccolta. Nel complesso una lettura che forse non riuscirà a dare un idea del decantato paese reale, ma dello stato della forma racconto in Italia sì.

Elisa Mariani

lunedì 9 marzo 2009

Summertime Clothes


[ "Simon laughing Yvon's house", Avignon - 2001, by Nan Goldin]

Mi sono innamorato degli Animal Collective.
E del loro ultimo album Merriweather Post Pavillon.
Pensate ai Beach Boys dopo una terapia intensiva decostruzionista e un posteriore riassemblaggio sintetico.

Ovvero, come declinare la gravità-zero dei giorni estivi fino alla rarefazione a.m. Nella luce azzurrina da crepuscolo del mattino che pare essere il bagno nel quale Nan Goldin ha sviluppato alcune delle sue migliori fotografie.
alessandro ronchi

sabato 7 marzo 2009

Elisabeth and I


A. Kertész, Elisabeth and I


André e Erzsébet si incontrarono per la prima volta a Budapest nel 1919 e cominciarono a frequentarsi nella loro Ungheria del dopoguerra. André aveva già iniziato a fotografare da anni ormai, consacrando la sua attività dapprima per le strade e poi sul fronte di combattimento. Non ci sono molte notizie su Erzsébet e quindi non si può far altro che immaginarsela come una ragazza semplice e piena di entusiasmo. Quando André, nel 1925, decise di andare a Parigi per lanciare definitivamente la sua carriera fotografica, Erzsébet non si scoraggiò e iniziò una relazione epistolare col suo amato. Purtroppo, André, immerso completamente nel fermento artistico della Parigi di quegli anni, dopo qualche tempo non rispose più alle lettere di Erzsébet e si dimenticò poco a poco di lei. Nel 1928 sposò Rószi Klein, che introdusse alla fotografia sotto lo pseudonimo di Rogi André. Il matrimonio però non decollò mai e i due si separarono due anni dopo per divorziare definitivamente nel 1932. Durante un viaggio in Ungheria, André scoprì che invece Erzsébet non aveva mai smesso di scrivergli. I due si riavvicinarono pian piano, finché lei non decise di trasferirsi a Parigi con André e diventare così sua moglie.

Quel che rimane di quell'epoca è uno autoscatto intitolato Elisabeth and I: la coppia posa dinanzi all'apparecchio fotografico. La mano del fotografo si appoggia alla spalla della donna. Lo sguardo di entrambi è doloroso e allo stesso tempo sorridente.

Nel 1936 André e Elisabeth si trasferirono a New York, dove il mercato della fotografia andava allargandosi sempre più. Elisabeth iniziò un'attività commerciale mentre André faceva non poca fatica a trovare un posto di rilievo nel settore fotografico americano. I due vissero in ristrettezze economiche e il rapporto cominciò ad incrinarsi, tanto che Elisabeth venne a legarsi sempre più con il finanziatore del suo negozio. Erano gli anni '60: André riprese il vecchio negativo del 1933 e iniziò a rielaborarlo, a tagliarlo. Il risultato finale fu l'inquadratura di mezzo volto di Elisabeth e della mano destra di Andrè sulla di lei spalla. L'ingrandimento permette di notare a fondo lo sguardo consunto di Elisabeth e la mano di André corrosa dagli acidi del laboratorio fotografico. Una fotografia che anche senza conoscere tutta la storia che sottende, fa impattare con una malinconia disarmante.

Elisabeth morirà di cancro nel 1977. In quegli anni André, invecchiato, aveva molte difficoltà ad uscire dal suo appartamento di New York. Si dedicò alla fotografia Polaroid, riprendendo in mano ancora una volta la vecchia foto con la moglie e facendone uno dei soggetti principali e quasi ossessivi dei suoi ultimi scatti.

Matteo D'Antonio

giovedì 5 marzo 2009

Nearly God



1995. Il trip-hop ha fatto di Bristol uno dei centri del mondo musicale, i Massive Attack e i Portishead stanno vivendo il loro exploit e con le loro tinte basse e fumose stanno modificando il corso del rock degli anni '90. Tricky ha appena pubblicato "Maxinquaye", il suo primo album da quando ha lasciato i Massive Attack ai deliri di onnipotenza di Robert Del Naja. Tricky è solo, al centro di questo tumulto, della tensione pre-millenaria e finalmente il mondo inizia a scoprirlo per il genio che dimostrerà di essere. In un'intervista si sente chiedere come ci si sente ad essere dio, o, meglio - nearly - dio - god -. Tricky ha un'intuizione e ne fa un progetto, Nearly God. Un gruppo che è una one man band, che è un disco. "Nearly God" esce nel 1996 ed è da molti considerato il capolavoro di tutto il trip-hop, almeno del suo lato più sperimentale. I ritmi rallentano, le melodie si fanno meno immediate, l'umore ancora più urbano e piovoso. Alle fondamenta elettroniche fatte di loop e campionamenti si intrecciano le voci, di Tricky, della musa Martina Topley Bird, di una certa Bjork, di Cath Coffey degli Stereo MC's. I brani sembrano quasi solo abbozzati e sul disco aleggia un affascinante clima, molto novecentista, di "non finito". "Nearly God" è claustrofobico. "Nearly God" ha un'immagine in copertina tra le più belle del decennio scorso. "Nearly God" è un capolavoro minore di un genio, Tricky, che come pochi altri a messo in musica la tensione di fine millennio. "Nearly God" si appanna quando piove. E oggi piove. E non ha smesso un attimo.

Nearly God - Nearly God (1996)

Philip Di Salvo

mercoledì 4 marzo 2009

Voyager - ai confini della conoscenza (2)‏


Nella prossima puntata:

Il Titanic affondato da un peschereccio carico di massoni! Raccogliendo sassolini sul bagnasciuga ed ascoltando al contrario "My Heart Will Go On" di Celine Dion, abbiamo trovato le prove della cospirazione allucinante che ha decretato l'affondamento del transatlantico più famoso della Storia. Una lega formata dagli Imperi Centrali, dalle armate del Prete Gianni, dagli immancabili Asburgo e da un iceberg decise che il Titanic doveva colare a picco. Perchè? Non possiamo dirvelo, ma speriamo che la parola "Merovingi" vi metta sulla strada giusta. Nostradamus - col quale un tempo eravamo in contatto medianico continuo, ma ormai ci si sente solo per Natale e ai compleanni - ci ha lasciato intendere che su quel peschereccio era stato rifondato il mitico ordine dei Templari e che esso fa la spola tra Atlantide, Eldorado e Shangri-Là, affondando transatlantici ogni tanto, così, per rompere la monotonia della navigazione.

In Nicaragua un uomo, mentre scavava per passare il tempo e dimenticare così di essere nato in Nicaragua, ha rinvenuto un misterioso oggetto: un minerale di forma sferica. Scartata l'ipotesi che possa essere un sasso, una troupe di Voyager è accorsa sul posto. Pare che il rarissimo reperto sia l'unica testimonianza di una antichissima civiltà precolombiana, dimenticata dai libri di storia per ragioni di spazio. Un team di scienziati, archeologi, medium e mitomani ha ricostruito, in esclusiva assoluta per Voyager l'aspetto della loro capitale. Assomigliava a Milano 3.

Vi abbiamo mai parlato dei Templari? Il misterioso ordine cavalleresco dei custodi del Tempio di Gerusalemme nascondeva un altro, sconvolgente, segreto. La loro eterodossia li rese sgraditi alle gerarchie vaticane (indossavano l'abito bianco con croce rossa anche ben oltre il tramonto; chiaccheravano durante le incoronazioni, spesso facendo commenti salaci sulla mise dell'Imperatrice; parcheggiavano il cavallo in divieto di sosta) ma i loro super poteri li protessero per secoli. Difesero la Terra Santa, soggiogarono intere nazioni, furono il primo invalicalibile baluardo della Cristianità contro l'espansionismo dell'Islam. Finchè uno spiffero d'aria li sterminò.
Siamo tornati nelle valli bergamasche a visitare le valli un tempo popolate dai Camuni per analizzare nuovamente le incisioni rupestri. Il nostro esperto di grafologia sostiene: "Non possono essere state fatte dai camuni, non riconosco la loro calligrafia". Si tratta quindi, evidentemente, di messaggi extra-terrestri. Cosa ci avranno voluto comunicare, stavolta, gli alieni? Qualcosa che sui campi di grano sarebbe risultato illeggibile?

Hitler era davvero l'Anticristo? E, se non lo era, perchè sbattersi tanto?

alessandro ronchi

lunedì 2 marzo 2009

Il curioso caso del Monsignor Wagner

Dal sito di Repubblica:

Benedetto XVI ha dispensato monsignor Gerhard Wagner, contestato parroco austriaco ultraconservatore, "dall'accettare l'ufficio di vescovo ausiliare di Linz, in Austria".

In passato, il parroco aveva tacciato di satanismo i libri di Harry Potter e aveva affermato che l'uragano Katrina era stato una sorta di punizione divina per l'immoralità dei cittadini di New Orleans: "Non è stato un caso se sono state distrutte cinque cliniche abortiste nella città"; si era anche poi domandato se "la catastrofe naturale non sia stata conseguenza di un inquinamento spirituale". Ma in una successiva dichiarazione aveva spiegato di non aver mai inteso parlare di "retribuzione divina", volendo solo aprire un dibattito sulla connessione di eventi.

Francesco Carrubba

domenica 1 marzo 2009

Voyager - ai confini della conoscenza‏



Anticipazioni della prossima puntata:

Scoperta la verità sulla Sacra Sindone! Esistono incontrovertibili prove, sia scientifiche sia psicomedianiche, che il Sudario di Cristo sia in realtà il ritratto di un alieno che si era affiliato ai Templari per il tramite di un comune amico, un antico egizio di nome Leonardo da Vinci, e sia stata realizzato da un misterioso uomo che, dal futuro, ha riportato le perdute tecniche degli Aztechi e, guarda caso!, aveva lo stesso numero di scarpe di Nostradamus.

Il Sacro Graal nascosto dagli scienziati del CERN di Ginevra? E' possibile. La nostra ricostruzione storica esclusiva, fondata sul ritrovamento degli archivi segreti di un ciarlatano, rivela che il calice che accolse il Sangue di Nostro Signore venne trafugato dall'armadio dei liquori di una potente famiglia legata alla massoneria, durante l'Alluvione di Firenze. Fu il priorato di Sion ad ordinare l'apertura delle chiuse dell'Arno a questo scopo. Dopo essere stata custodita per anni nella piramide di Giza con la complicità dei caldei d'Etiopia e degli Asburgo, la potentissima reliquia venne trafugata in gran segreto a Ginevra, nel 2000, proprio l'anno dell'inaugurazione dell'anello di accelerazione molecolare. Una nostra fonte anonima, che ci parla dal futuro, sostiene che la presenza del Graal abbia già scongiurato la Fine del Mondo una buona dozzina di volte.

In un castello nei dintorni di Torino, un'armatura che si dice Camillo Benso conte di Cavour abbia indossato una volta ad un defilèe, terrorizza i turisti con un insopportabile rumore stridulo di ferraglia. Una troupe di Voyager si è recata sul posto e ha scoperto gli inimmaginabili segreti dei Templari: non costruivano armature per proteggersi in combattimento (non ne avevano bisogno, avevano appreso il segreto dell'immortalità dagli Esseni) ma per impedire all'anima di fuoriuscire. Ne approfitteremo per ripercorrere un'altra volta il misterioso cammino dell'Ordine: da Carcassone, ad Aigues-Mortes, a Rennes le Chateau, fino all'oblio, senza mai pagare il pedaggio dell'autostrada. E se fossero, in realtà, venuti da Marte?

In Argentina, un mostruoso e misterioso animale notturno fa strage di armenti. Suggestione popolare o Diego Armando Maradona?


alessandro ronchi