Potete trovarne copie presso tutte le biblioteche del Sistema Interbibliotecario Comasco, a Como presso il Punto Einaudi, la CDD, la Birreria35, la Libreria Mentana e altrove, e una versione in pdf nell'archivio che potete trovare su questo blog.
lunedì 8 novembre 2010
LEITMOTIV - OTTOBRE 2010 - IL LUOGO COMUNE
Potete trovarne copie presso tutte le biblioteche del Sistema Interbibliotecario Comasco, a Como presso il Punto Einaudi, la CDD, la Birreria35, la Libreria Mentana e altrove, e una versione in pdf nell'archivio che potete trovare su questo blog.
lunedì 20 settembre 2010
Prossimo numero di Leitmotiv

Vi annunciamo già che sul prossimo Leitmotiv saranno presenti alcune importanti novità, che scoprirete solamente alla pubblicazione della rivista.
Invitiamo chiunque fosse interessato a partecipare a inviare il proprio articolo (saggio, racconto, recensione, poesia, vignetta, disegno, fotografia) entro sabato 25 Settembre - ovvero il prossimo sabato - all'indirizzo e-mail giornaleleitmotiv@hotmail.it.
martedì 20 luglio 2010
martedì 29 giugno 2010
L'ironia logora chi non ce l'ha

Avevo intenzione di scrivere qualcosa sulla condanna in appello a sette anni di carcere al senatore Marcello Dell’Utri (PDL, già cofondatore di Forza Italia) per concorso esterno in associazione mafiosa, senza sorrisetto compiaciuto o battute che fanno ironicamente riferimento, ironicissime!, ai giudici comunisti o alla prossima carriera di ministro senza portafoglio di Dell’Utri. Mi sono letta un po’ di articoli e stavo ancora pensando a cosa scrivere, quando a un certo punto ho letto questo.
«Speriamo che Berlusconi adesso non faccia ministro pure lui». Ne nasce un botta-e-risposta con lo stesso Dell’Utri. «Ma che ci azzecca, come dice lui, ho già detto che non voglio fare il ministro», commenta da Palermo il senatore condannato. «Non fare il ministro ma scegliergli - aggiunge - è un lavoro ancora più bello e delicato». Replica Di Pietro: «Proprio come facevano i mafiosi una volta».
Allora, davanti a tutta questa ironia e contro-ironia a rimbalzo, mi è salito il male di vivere e ho messo giù questo post.
martedì 22 giugno 2010
sabato 29 maggio 2010
Padanietà

Da: Matteo D'Antonio (olonesa@gmail.com)
sabato 29 aprile 2010 14.16.43
A: renzo_bossi@regione.lombardia.it
Oggetto: Padanietà
Egregio Consigliere Renzo Bossi,
Le scrivo in merito ad una notizia che apprendo ora. Mi è capitato di leggere, infatti, che il Presidente della Provincia di Bergamo, il leghista Ettore Pirovano, ha deciso di modificare lo stemma di Bergamo. Il cambiamento più evidente sarà quello cromatico dello sfondo che passerà ad un verdone Padania.
So che non è il Suo campo di competenza, e che è pressato da questioni molto più importanti delle quali occuparsi, ma conosco bene anche la Sua disponibilità, il Suo alto profilo morale e la Sua voglia di interessarsi a tutto ciò che La circonda. Le chiedo dunque, da cittadino ingenuo, se la volontà di molti dirigenti leghisti di rifarsi ad una identità padana del territorio tra le Alpi e il Po non snaturi le vere tradizioni culturali delle piccole comunità come, ad esempio, quella bergamasca.
Sicuro di una sua cortese ed attenta risposta,
Le porgo il miei migliori auguri per lo svolgimento di un ottimo lavoro in Regione Lombardia,
Cordiali saluti,
Matteo D'Antonio
P.S. Complimenti anche per la Sua acconciatura! Un vero taglio giovane per rappresentare i giovani!
martedì 20 aprile 2010
Pulitzer II

Da: Matteo D'Antonio (olonesa@gmail.com)
martedì 20 aprile 2010 13.30.43
A: info@propublica.org
Egregia Redazione di ProPublica.org,
Vivi complimenti,
Matteo D'Antonio
giovedì 15 aprile 2010
Pulitzer I
Matteo D'Antonio scrive:
Gentile Michele Smargiassi,
leggo sempre con piacere i suoi interventi in questo blog. Le scrivo a proposito della fotografia di Mary Chind. Ha ragione, il Premio è stato assegnato grazie alla professionalità della fotografia. Ma, a mio parere, c’è di più: lo scatto vincitore possiede una stretta relazione con la storia dell’arte ed è in grado di richiamare addirittura il Giudizio Universale michelangiolesco. Il Pulitzer, quindi, sarebbe stato assegnato non solo grazie al sapiente svolgimento del mestiere da parte di Mary Chind, ma anche (e fortunatamente) all’alta formazione artistica della fotografa.
Cordialmente,
Matteo D’Antonio
______________________
Michele Smargiassi scrive:
@Matteo
Il parallelo col Giudizio di Michelangelo è azzeccato e le faccio i complimenti per l’acume. Ma quell’assonanza sta quasi tutta nell’occhio acuto di chi guarda l’immagine (in questo caso lei e, ora, anch’io). Dubito che la brava Chind abbia atteso per scattare che i corpi del drammatico evento coincidessero con la figurazione della Sistina. Sono propenso a credere, invece, che quell’accostamento colto abbia funzionato consapevolmente o inconsciamente in fase di selezione fra i numerosi fotogrammi che la fotografa ha sicuramente mitragliato. In ogni caso siamo di fronte alla “scoperta” di una forma significante e non alla sua deliberata programmazione (come poteva essere in una foto di studio). Tutto questo porta acqua al mulino che mi ossessiona un po’, ovvero: è la macchina fotografica che compone, più ancora che il fotografo. Grazie per il contributo
Il Fotocrate
mercoledì 14 aprile 2010
Como chiude a mezzanotte

Oggetto: Como chiude a mezzanotte
Da: Matteo D'Antonio (olonesa@gmail.com)
mercoledì 14 aprile 2010 13.32.13
A: Giorgio Gandola (lettere@laprovincia.it)
Egregio Gandola,
dopo essermi espresso contro l'abbattimento del muro sul lago, i miei amici già hanno intuito il mio appoggio alla proposta di chiusura dei locali comaschi a mezzanotte in punto. Il mio non è bastiancontrarianesimo, quanto piuttosto una rammaricata riflessione sullo stato delle cose nella cittadina lacustre. Non so quanto i concetti estetici de Il Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde siano familiari alla giunta di palazzo Cernezzi (e qui sogghigno ripensando alle Grandi Mostre del Grande Dandy Gaddi), ma con puro intuito naïf gli assessori e il sindaco si apprestano a concretizzare quel che meno sarebbero in grado di realizzare volutamente: l'arte. «All art is quite useless», tutta l'arte è completamente inutile. Proprio come Como. Il provvedimento delle serrande cenerentoline smarca la cittadina da ogni tenace legame con l'utilità: nega con un sol colpo tutte le decisioni approvate per incentivare il turismo (altro sogghigno ripensando al brand “Como città del turismo”), ma allo stesso tempo non soddisfa una grossa fetta di cittadini (commercianti e giovani in primis). Como dev'essere una città dormitorio, Como è una città inutile. Como è arte.
Cordialmente,
Matteo D'Antonio
lunedì 12 aprile 2010
DEBORD 2010

La profezia di Debord si è avverata. Con la crisi attuale, la società è ridotta a uno stato di passività derivante dalla progressiva mancanza di lavoro, e diventa vieppiù succube della dittatura dello spettacolo. La sostanziale unificazione di spettacolo concentrato (dittatura) e spettacolo diffuso (democrazia occidentale) nello spettacolo integrato, che troverebbe il suo massimo compimento nelle società francese e italiana, si è avverata. In misura maggiore in Italia, con il tycoon dei mass-media Berlusconi. La Francia ha conservato invece un legame con la sua eredità culturale, fatta di rispetto per l'intellettualità e anche per il marxismo, che le ha impedito di soggiacere totalmente alla cultura pubblicitaria, per quanto forte (vedi il ruolo di Séguéla per Mitterrand o di Carla Bruni per Sarkozy). Comune ai due paesi rimane il profondo condizionamento della forma-moda sul vivere quotidiano, e anche sui prodotti intellettuali, che Italia e Francia sono riuscite a imporre globalmente, anche ai paesi emergenti, negli anni '90. Il discorso sulla funzione della moda andrebbe approfondito per la sua doppia valenza di individuazione personale e di forte conformismo sociale.
È Berlusconi la maggiore incarnazione della dittatura dello spettacolo; purtroppo in nessun altro paese si è realizzata più compiutamente la profezia di Debord. Se gli antecedenti culturali di questa industria del condizionamento sociale possono essere ritrovati in Hollywood, e la produzione di consenso è ancora largamente influenzata da questi schemi nel governo americano, non si può dire però che là conti solo la promessa seduttiva di sesso, consumo e divertimento, come avviene nella Little Italy berlusconiana. Sicuramente Hollywood e il sistema dei mass media americani sono ancora grandi produttori di conformismo sociale, ma la politica non è totalmente asservita a uno svuotamento delle coscienze come da noi. Obama ha vinto promettendo una riforma dall'interno del sistema, la presa in carico dei suoi gravi problemi strutturali. Il problema è che a conti fatti ha venduto solo una speranza, che si è scontrata con il formidabile potere delle lobby. Anche il Nobel per la pace gli è stato assegnato sulle buone intenzioni: si premia una promessa, invece che una realtà. Si potrebbe allora parlare di progressismo fantasmatico del sistema, che toccherebbe anche il politically correct.
Ma Obama e l'America comunque hanno spiazzato gli europei rispondendo più rapidamente alla crisi del sistema, dal suo cuore. Là dove più forte era la contraddizione, più rapida è stata la risposta. Ma, come si sta vedendo, elusiva, perché non metteva in discussione il modello di sviluppo.
L'analisi di Debord, per quanto impressionantemente accurata negli esiti previsti, rischia sempre di degenerare in visione paranoica. La via d'uscita che aveva indicato era quella artistica: il Situazionismo. Con ciò intendeva la rottura del determinismo sociale attraverso l'arte, la festa, la contestazione, preconizzando il '68. Anche adesso, il fiorire dell'arte giovane rappresenta un tentativo di reazione, di reinvenzione del mondo. L'artista, se innovativo, è sempre un rivoluzionario, partendo dalla sua individualità, sulla sua pelle, il suo corpo. Ma lo spettacolo si combatte sia con la vita, che con l'arte e con la politica.
Se considerata dal punto di vista filosofico-politico, la visione di Debord si inscrive nel marxismo recente, con in aggiunta un determinismo totalizzante che non sembra lasciare scampo: l'unico modo di scalfire la dittatura dello spettacolo è creare le “situazioni”, momenti di rottura temporanea, di spontaneità. È evidentemente un continuatore della critica all'industria culturale della Scuola di Francoforte. Questo pensiero rivoluzionario prefigura le comunità eretiche, la liberazione della corporeità, ma riesce però a vederle solo come momenti temporanei; con la possibilità sempre in agguato di essere sussunti dallo spettacolo capitalistico. Forse si può spiegare questo limite con il fatto che, essendo egli stesso artista e regista, aspirava a quello spettacolo che criticava.
L'estrema risorsa di Debord, morto suicida nel 1994, è la mobilitazione totale, attraverso le “singolarità qualunque”, soggetti sociali nuovi protagonisti del mondo globalizzato, che però non hanno più un ruolo, una collocazione, che prefigurano le teorizzazioni negriane sulle nuove moltitudini rivoluzionarie, discorso che si concentra sull'attuale classe precaria e creativa.
Guido Ripamonti
G. E. Debord, Commentari sulla società dello spettacolo, Sugarco 1990. Ediz . originale: Lebovici, Parigi 1988
sabato 3 aprile 2010
A Guido Monzino

Egr. Sig. Monzino Guido
Villa del Balbianello,
22016 Lenno (CO)
Italia
Como, Sabato 3 Aprile 2010
Gentile Guido Monzino,
ho deciso di stimarLa molto perché credo che persone come Lei non se ne vedano più in giro tra le valli lariane. Spero che un giorno Jessica possa possa lavorare come guida anche nelle visite alla mia modesta dimora. Per quell'occasione accenderò il riscaldamento al massimo.
Amichevolmente tuo,
Matteo D'Antonio
P.S. Bello anche il frigorifero nuovo!
mercoledì 31 marzo 2010
Familismo amorale

Egregio Renzo Bossi,
In fede,
Matteo D'Antonio
L'amore vince
E-mail: olonesa@gmail.com
Redazione di Corriere.it
Per comunicare alla redazione opinioni, domande e segnalazioni
Gentile redazione di Corriere.it,
ieri il titolo del primo articolo della Vostra home page recitava così: "Berlusconi: vince l'amore. Castelli e Brunetta ko". è un semplice caso?
Cordialmente,
Matteo D'Antonio
Intenzioni programmatiche
Da: Matteo D'Antonio (olonesa@gmail.com)
mercoledì 31 marzo 2010 09.16.13
A: Giornale Leitmotiv (giornaleleitmotiv@hotmail.it)
Gentile redazione di Leitmotiv,
In fede,
Matteo D'Antonio
giovedì 25 marzo 2010
Assalto al potere in Lombardia

giovedì 18 marzo 2010
Children by the million sing for Alex Chilton

Won't you let me meet you at the pool?
Maybe Friday I can
Get tickets for the dance
And I'll take you.
Won't you tell your dad, "Get off my back"?
Tell him what we said about "Paint it, Black".
Rock 'n Roll is here to stay
Come inside where it's okay
And I'll shake you.
Won't you tell me what you're thinking of?
Would you be an outlaw for my love?
If it's so, well, let me know
If it's "no," well, I can go
I won't make you.
domenica 7 marzo 2010
E' morto Mark Linkous

Mark Linkous, leader, fondatore e mente degli Sparklehorse si è suicidato ieri, 6 marzo 2010 con un colpo di pistola alla testa. Il suo nome era inscindibilmente legato a quello degli Sparklehorse, formazione di cui era l'unico membro stabile, leader e compositore. Con gli Sparklehorse, Linkous ha scritto alcuni dei dischi di cantautorato americano più belli degli ultimi quindici anni. Dedito ad una scrittura autoriale macchiata di sperimentalismo e alt-country, Linkous aveva iniziato a far parlare di sè nel 1995 con l'esordio Vivadixiesubmarinetransmissionplot, un piccolo capolavoro dell'indie-rock americano. A quell'album erano seguiti altri dischi importanti, tutti celebrati dalla critica e unanimamente riconosciuti come lavori di genio, soprattutto It's a wonderful life, risalente al 2001. Nel 1996, mentre era in tour insieme ai Radiohead, Mark Linkous tentò il suicidio una prima volta, ingerendo un mix di antidepressivi, alcol e eroina in una camera d'albergo a Londra: si salvò ma le conseguenze del mix di sostanze gli causarono una paralisi temporanea durata sei mesi. Giusto qualche giorno fa era rimbalzata in rete la notizia che l'ultimo lavoro degli Sparklehorse, Dark night of the soul, nato da una collaborazione tra Linkous, David Lynch e Danger Mouse, sarebbe stato ristampato dopo le dispute con la EMI che ne avevano ostacolato la pubblicazione lo scorso settembre. Ricordiamo Mark Linkous con uno dei brani più belli dei suoi Sparklehorse, Someday I will Treat You Good.
lunedì 1 marzo 2010
sabato 20 febbraio 2010
Sanremo 2010: il pagellone

Arisa – Malamorenò
Contrariamente ad altri artisti in gara, se non altro, ha il pregio di avere un’immagine ben definita. Orrenda, ma ce l’ha. E poi scusate, ma ogni volta che Arisa viene annunciata sul palco non posso non pensare ai Sepultura che fanno Arise e ogni volta lo shock è troppo forte. Voto: 5.
Malika Ayane – Ricomincio da qui
Ha il merito di non piegarsi alle logiche talent-show ormai imperanti al Festival. Ha personalità e un pezzo radiofonico e onesto che si fa ascoltare. Tifiamo per lei. Voto 6.
Simone Cristicchi – Meno male
Solito polpettone social-impegnato da quattro soldi ora persino imbastito su un pezzo rock-stupidino tragicomico che non fa ridere nessuno. A questo punto meglio Checco Zalone, se non altro sai cosa stai ascoltando. Voto 3.
Toto Cutugno - Aeroplani
Un italiano. Un italiano vero. Pertanto: Voto 4.
Nino D’Angelo – Jammo jà
Nessuno se n’è accorto, uscito subito alla prima serata. Bene così. Voto 3.
Noemi – Per tutta la vita
Tra tutti i fuoriusciti dai talent-show di varia natura è forse la migliore. Il pezzo funziona e se lo incontri in radio non cambi frequenza, anche se ricorda pericolosamente un brano di Mina. Voto 6.
Irene Grandi – La cometa di Halley
Bianconi II la vendetta. Forse abbiamo capito quali siano le reali ambizioni dei Baustelle. Il pezzo scorre via senza lasciare particolari tracce, ma dura poco e non ammorba. Voto 5.
Fabrizio Moro – Non è una canzone
Tremendo. Il pezzo è una taroccata reggae frammista al momento rock finale che grida vendetta. Il testo è una nenia di ribellismo giovanile qualunquista. Ha anche il demerito di riportare in superficie uno dei peggiori relitti anni ’90, che speravamo sepolto per sempre nel dimenticatoio: Jarabe De Palo. Voto: 1.
Irene Fornaciari feat. Nomadi – Il mondo piange
Immagine stracciona-hippie impresentabile, raccomandata da cotanto padre: e il mondo piange. Quanto ai Nomadi: sempre peggio. Voto 2.
Povia – La verità
Vaffanculo. Voto 0.
Pupo, Emanuele Filiberto – Italia amore mio
Probabilmente la cosa peggiore mai prodotta dacché l’uomo cammina in modo eretto. Dopo l’improbabile trio Pupo-Paolo Belli-Youssou N’Dour dello scorso anno, ecco il Principe di Savoia. A questo punto per il 2011 aspettiamoci di tutto: i Metallica, la D’Addario, Mons. Milingo. L’intero peggio italiano condensato in un solo brano, atroce. C’è persino la pacchianata finale con il tenore. C’è persino Marcello Lippi. Ci si chiede perché alla fine non parta il coro “Duce! Duce!”. Voto: 0.
Enrico Ruggeri – La notte delle fate
Dai Enrico, va bene anche così. Ma perché continui ad andarci? Sanremo mena sfiga. Voto 5.
Valerio Scanu – Per tutte le volte che
Sembra un brano tratto da una colonna sonora della Disney, tipo Il Re Leone. Alla fine ne ricorderemo solo i capelli: In tutti i modi, in tutti i luoghi, in tutti i laghi, in tutto il mondo e l’universo che ci insegue. Voto: 3.
Sonohra – Baby
I fratelli minori che non vorresti mai. Voto: 2.
Marco Mengoni – Credimi ancora
Ha la voce, ma la personalità di un volantino gettato al vento. Continua ad accettare brani insulsi e questa immagine glam che gli hanno cucito addosso. Ma se l’anno scorso ha vinto Marco Carta, abbiamo già capito a chi tocca a sto giro. Che a pensar male si fa peccato ma talvolta bla bla bla. Voto: 4.
Philip Di Salvo
mercoledì 17 febbraio 2010
E' uscito il nuovo numero di Leitmotiv

E' uscito oggi, in tiratura di mille copie, il nuovo numero di Leitmotiv, il cui tema è "Il corpo".
venerdì 5 febbraio 2010
Viva Giacometti

Alla faccia di Pablo. Viva Alberto.
lunedì 4 gennaio 2010
La "500" che ho comprato per te
Oggi è appena iniziato il 2010: mia mamma ripete continuamente di trovarmi un posto fisso con i concorsi pubblici, Obama ogni tanto somiglia a Bush e l'Italia spera di vincere i Mondiali per la seconda volta consecutiva.
Qualche sera fa, durante l'ennesima cena natalizia in famiglia, ho riconosciuto le note della canzone e la voce dell'autore nel sottofondo del nuovo spot Fiat "500". Aguzzando le orecchie, ho avuto l'impressione che le parole fossero state modificate ad hoc. Mi sono detto: "Non è possibile: forse il capitone è avariato e ha alterato le mie percezioni oppure le quantita eccessive di zampone e lenticchie mi hanno ostruito i padiglioni auricolari oppure il pandoro mi ha ricoperto e ovattato le sinapsi. Ho aspettato tre giorni, giusto il tempo di digerire, e ho appurato che il testo è effettivamente cambiato: "Serenella avremo un bambino...crescerà in mezzo a quei colori delle capotes aperte verso il cielo...La nave trasporterà la 500 che ho comprato per te, la guideranno gli americani, lo faranno con sentimento e verso il mare la 500 ci porta via".
Che tristezza. La musica che si appiattisce a pura operazione di marketing mi fa inorridire. Amedeo, perchè l'hai fatto? Avevi bisogno di soldi? Aspetta, fammi controllare, forse ho 20€ in tasca. Ma come: hai azzeccato due o tre canzoni in tutta la carriera e hai pure la faccia tosta di venderti la migliore? Perchè non hai rovinato "Vattene amore"? Tanto "trottolino amoroso dudù dadadà" non può peggiorare ulteriormente. Scusa, il tuo genio creativo non è riuscito a partorire un nuovo pezzo dedicato alla Fiat? Volendo, si poteva anche inciderne il ritornello sulla fiancata della Duna. Amedeo, perchè l'hai fatto?
Francesco Carrubba