mercoledì 8 luglio 2009

Sopra la panca la capra camp



Qualche anno fa diedi un esame di Critica e Teoria della Letteratura dedicato al postmoderno. Tra i testi in programma figurava anche il mitico Cesarani R., Raccontare il postmoderno, Bollati Bolinghieri, Torino 1997. Lo lessi con passione e scoprii di essere e di essere sempre stato in tutto e per tutto postmoderno. Ma non è di me che voglio parlare.

Oggi, accendo il computer, mi collego ad internet, navigo un po', mi ritrovo su Repubblica.it. Mi interesso ad un articolo in particolare. Titolo: "Yes we camp! La protesta dei terremotati a L'Aquila". Più che un pezzo scritto, sono diverse fotografie rappresentanti la manifestazione organizzata da alcuni comitati de L'Aquila e concretizzata tramite un'enorme scritta in lettere di plastica bianche apparsa sulla collina di Roio, nei pressi del capoluogo abruzzese. Riprendono chiaramente e in modo intelligentemente ironico lo slogan utilizzato da Barack Obama durante la sua scorsa campagna elettorale.

Subito la mente mi scivola verso i vaghi ricordi di quell'esame sostenuto in una mite Primavera di tre/quattro anni or sono, quando avevo studiato praticamente a memoria la definizione di camp . Copio e incollo:

«Quello del camp è un caso esemplare. La parola, come si sa, deriva dal gergo omosessuale maschile, e indica una banalità, una mediocrità, un artificio, un'ostentazione così estremi da riuscire divertenti o da avere un appeal profondamente raffinato, l'affettazione e l'apprezzamento di modi e gusti che comunemente sono considerati stravaganti, volgari o banali. (Questi tre ultimi aggettivi mi fanno subito pensare ad un uomo molto camp quale Mike Bongiorno. Non ci ho potuto fare nulla, appena li ho letti non sono riuscito a non pensare a lui. Ndr). Andrew Ross ha osservato che l'effetto camp deriva non solo da un senso aristocratico e teatrale di raffinatezza e ironia, ma anche da un sentimento di nostalgia e impotenza. Esso è reso possibile "ogni volta che un oggetto creato secondo un modo di produzione assai più antico e ormai privato del potere di dominare i significati culturali diventa disponibile nel presente, per essere ridefinito secondo le modalità del gusto contemporaneo"».

In questo senso i terremotati dell'Abruzzo (e perché no? tutti i terremotati) hanno un non so che di camp. E allora per forza che ho molta più stima per loro che per tutti i leader venuti a commuoversi tra le macerie: questi ultimi di camp non hanno proprio nulla.

Matteo D'Antonio



1 commento:

  1. unita' d'intenti... ma il tuo e' piu' bello, perche' tuo! ciao ciccio!

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