martedì 20 aprile 2010

Pulitzer II


Da: Matteo D'Antonio (olonesa@gmail.com)
martedì 20 aprile 2010 13.30.43
A: info@propublica.org



Egregia Redazione di ProPublica.org,

mi congratulo con Voi per aver raggiunto il Premio Pulitzer. Sono molto contento che un riconoscimento così prestigioso sia stato assegnato ad un team con la Vostra politica editoriale e indirizzato al Web. Anche in Italia avremmo bisogno di un giornalismo siffatto.

Vivi complimenti,

Matteo D'Antonio

giovedì 15 aprile 2010

Pulitzer I




Matteo D'Antonio
scrive:

Gentile Michele Smargiassi,

leggo sempre con piacere i suoi interventi in questo blog. Le scrivo a proposito della fotografia di Mary Chind. Ha ragione, il Premio è stato assegnato grazie alla professionalità della fotografia. Ma, a mio parere, c’è di più: lo scatto vincitore possiede una stretta relazione con la storia dell’arte ed è in grado di richiamare addirittura il Giudizio Universale michelangiolesco. Il Pulitzer, quindi, sarebbe stato assegnato non solo grazie al sapiente svolgimento del mestiere da parte di Mary Chind, ma anche (e fortunatamente) all’alta formazione artistica della fotografa.

Cordialmente,
Matteo D’Antonio

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Michele Smargiassi scrive:

@Matteo
Il parallelo col Giudizio di Michelangelo è azzeccato e le faccio i complimenti per l’acume. Ma quell’assonanza sta quasi tutta nell’occhio acuto di chi guarda l’immagine (in questo caso lei e, ora, anch’io). Dubito che la brava Chind abbia atteso per scattare che i corpi del drammatico evento coincidessero con la figurazione della Sistina. Sono propenso a credere, invece, che quell’accostamento colto abbia funzionato consapevolmente o inconsciamente in fase di selezione fra i numerosi fotogrammi che la fotografa ha sicuramente mitragliato. In ogni caso siamo di fronte alla “scoperta” di una forma significante e non alla sua deliberata programmazione (come poteva essere in una foto di studio). Tutto questo porta acqua al mulino che mi ossessiona un po’, ovvero: è la macchina fotografica che compone, più ancora che il fotografo. Grazie per il contributo
Il Fotocrate

mercoledì 14 aprile 2010

Como chiude a mezzanotte




Oggetto: Como chiude a mezzanotte

Da: Matteo D'Antonio (olonesa@gmail.com)
mercoledì 14 aprile 2010 13.32.13
A: Giorgio Gandola (lettere@laprovincia.it)


Egregio Gandola,

dopo essermi espresso contro l'abbattimento del muro sul lago, i miei amici già hanno intuito il mio appoggio alla proposta di chiusura dei locali comaschi a mezzanotte in punto. Il mio non è bastiancontrarianesimo, quanto piuttosto una rammaricata riflessione sullo stato delle cose nella cittadina lacustre. Non so quanto i concetti estetici de Il Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde siano familiari alla giunta di palazzo Cernezzi (e qui sogghigno ripensando alle Grandi Mostre del Grande Dandy Gaddi), ma con puro intuito naïf gli assessori e il sindaco si apprestano a concretizzare quel che meno sarebbero in grado di realizzare volutamente: l'arte. «All art is quite useless», tutta l'arte è completamente inutile. Proprio come Como. Il provvedimento delle serrande cenerentoline smarca la cittadina da ogni tenace legame con l'utilità: nega con un sol colpo tutte le decisioni approvate per incentivare il turismo (altro sogghigno ripensando al brand “Como città del turismo”), ma allo stesso tempo non soddisfa una grossa fetta di cittadini (commercianti e giovani in primis). Como dev'essere una città dormitorio, Como è una città inutile. Como è arte.

Cordialmente,

Matteo D'Antonio


lunedì 12 aprile 2010

DEBORD 2010


La profezia di Debord si è avverata. Con la crisi attuale, la società è ridotta a uno stato di passività derivante dalla progressiva mancanza di lavoro, e diventa vieppiù succube della dittatura dello spettacolo. La sostanziale unificazione di spettacolo concentrato (dittatura) e spettacolo diffuso (democrazia occidentale) nello spettacolo integrato, che troverebbe il suo massimo compimento nelle società francese e italiana, si è avverata. In misura maggiore in Italia, con il tycoon dei mass-media Berlusconi. La Francia ha conservato invece un legame con la sua eredità culturale, fatta di rispetto per l'intellettualità e anche per il marxismo, che le ha impedito di soggiacere totalmente alla cultura pubblicitaria, per quanto forte (vedi il ruolo di Séguéla per Mitterrand o di Carla Bruni per Sarkozy). Comune ai due paesi rimane il profondo condizionamento della forma-moda sul vivere quotidiano, e anche sui prodotti intellettuali, che Italia e Francia sono riuscite a imporre globalmente, anche ai paesi emergenti, negli anni '90. Il discorso sulla funzione della moda andrebbe approfondito per la sua doppia valenza di individuazione personale e di forte conformismo sociale.

È Berlusconi la maggiore incarnazione della dittatura dello spettacolo; purtroppo in nessun altro paese si è realizzata più compiutamente la profezia di Debord. Se gli antecedenti culturali di questa industria del condizionamento sociale possono essere ritrovati in Hollywood, e la produzione di consenso è ancora largamente influenzata da questi schemi nel governo americano, non si può dire però che là conti solo la promessa seduttiva di sesso, consumo e divertimento, come avviene nella Little Italy berlusconiana. Sicuramente Hollywood e il sistema dei mass media americani sono ancora grandi produttori di conformismo sociale, ma la politica non è totalmente asservita a uno svuotamento delle coscienze come da noi. Obama ha vinto promettendo una riforma dall'interno del sistema, la presa in carico dei suoi gravi problemi strutturali. Il problema è che a conti fatti ha venduto solo una speranza, che si è scontrata con il formidabile potere delle lobby. Anche il Nobel per la pace gli è stato assegnato sulle buone intenzioni: si premia una promessa, invece che una realtà. Si potrebbe allora parlare di progressismo fantasmatico del sistema, che toccherebbe anche il politically correct.

Ma Obama e l'America comunque hanno spiazzato gli europei rispondendo più rapidamente alla crisi del sistema, dal suo cuore. Là dove più forte era la contraddizione, più rapida è stata la risposta. Ma, come si sta vedendo, elusiva, perché non metteva in discussione il modello di sviluppo.

L'analisi di Debord, per quanto impressionantemente accurata negli esiti previsti, rischia sempre di degenerare in visione paranoica. La via d'uscita che aveva indicato era quella artistica: il Situazionismo. Con ciò intendeva la rottura del determinismo sociale attraverso l'arte, la festa, la contestazione, preconizzando il '68. Anche adesso, il fiorire dell'arte giovane rappresenta un tentativo di reazione, di reinvenzione del mondo. L'artista, se innovativo, è sempre un rivoluzionario, partendo dalla sua individualità, sulla sua pelle, il suo corpo. Ma lo spettacolo si combatte sia con la vita, che con l'arte e con la politica.

Se considerata dal punto di vista filosofico-politico, la visione di Debord si inscrive nel marxismo recente, con in aggiunta un determinismo totalizzante che non sembra lasciare scampo: l'unico modo di scalfire la dittatura dello spettacolo è creare le “situazioni”, momenti di rottura temporanea, di spontaneità. È evidentemente un continuatore della critica all'industria culturale della Scuola di Francoforte. Questo pensiero rivoluzionario prefigura le comunità eretiche, la liberazione della corporeità, ma riesce però a vederle solo come momenti temporanei; con la possibilità sempre in agguato di essere sussunti dallo spettacolo capitalistico. Forse si può spiegare questo limite con il fatto che, essendo egli stesso artista e regista, aspirava a quello spettacolo che criticava.

L'estrema risorsa di Debord, morto suicida nel 1994, è la mobilitazione totale, attraverso le “singolarità qualunque”, soggetti sociali nuovi protagonisti del mondo globalizzato, che però non hanno più un ruolo, una collocazione, che prefigurano le teorizzazioni negriane sulle nuove moltitudini rivoluzionarie, discorso che si concentra sull'attuale classe precaria e creativa.

Guido Ripamonti

G. E. Debord, Commentari sulla società dello spettacolo, Sugarco 1990. Ediz . originale: Lebovici, Parigi 1988


sabato 3 aprile 2010

A Guido Monzino


N.B. Da consegnarsi tra il 14 Marzo e il 15 Novembre, tra le ore 10 e le ore 18. I Martedì, i Sabati e le Domeniche ci si può recare all'indirizzo tramite l'accesso pedonale. Tutti gli altri giorni è possibile raggiungere l'abitazione grazie alla leggera imbarcazione posta nel Lido di Lenno.


Egr. Sig. Monzino Guido

Villa del Balbianello,

22016 Lenno (CO)

Italia


Como, Sabato 3 Aprile 2010


Gentile Guido Monzino,

ho deciso di stimarLa molto perché credo che persone come Lei non se ne vedano più in giro tra le valli lariane. Spero che un giorno Jessica possa possa lavorare come guida anche nelle visite alla mia modesta dimora. Per quell'occasione accenderò il riscaldamento al massimo.

Amichevolmente tuo,

Matteo D'Antonio


P.S. Bello anche il frigorifero nuovo!