
Questo pomeriggio ho visto in libreria Principianti e mi ha aperto gli occhi, la lettura della versione originale di Di cosa paliamo quando parliamo d’amore è diventato un pensiero costante da quando ho notato la provocante banda rossa sulla copertina “prima edizione mondiale”. Nessuno o almeno non la me diciannovenne che lo ha letto per la prima volta, poteva sapere che i racconti fossero passati attraverso le cesoie dell’editor Lish. Sembra che costui abbia tagliato fino al settanta per cento (!) di alcuni testi presenti nel manoscritto originale, cambiando addirittura il finale se giudicato necessario. Lo stesso Raymond Carver avrebbe persino cercato di bloccare la pubblicazione di quello che sarebbe poi stato il lettissimo, tanto da diventare in sé espressione buona per i titoli de l’Espresso, Di cosa parliamo quando parliamo d’amore. Con assoluto rispetto filologico, riporto dal sito dell’Einaudi: “Carver implorava Lish di sospendere la pubblicazione del volume e ripristinare i passi tagliati: «Ti dico la verità, qui è in gioco il mio equilibrio mentale. Ora non vorrei fare il melodrammatico, ma davvero ho appena fatto ritorno dai morti per rimettermi a scrivere dei racconti. (...) E adesso ho una gran paura, una paura da morire, lo sento, che se il libro fosse pubblicato nella sua attuale forma revisionata, non riuscirei più a scrivere un altro racconto, Dio non voglia...» Una crudele operazione di marketing? Una cattiveria perpetuata ai danni del povero Cassini di Minimum Fax, reo di essere riuscito a strappare i diritti di pubblicazione al colosso torinese ormai dieci anni fa? Un Graal della letteratura novecentesca? Leggerlo o non leggerlo questo il problema.
Elisa Mariani