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martedì 17 marzo 2009

Principianti o il Graal della letteratura


Questo pomeriggio ho visto in libreria Principianti e mi ha aperto gli occhi, la lettura della versione originale di Di cosa paliamo quando parliamo d’amore è diventato un pensiero costante da quando ho notato la provocante banda rossa sulla copertina “prima edizione mondiale”. Nessuno o almeno non la me diciannovenne che lo ha letto per la prima volta, poteva sapere che i racconti fossero passati attraverso le cesoie dell’editor Lish. Sembra che costui abbia tagliato fino al settanta per cento (!) di alcuni testi presenti nel manoscritto originale, cambiando addirittura il finale se giudicato necessario. Lo stesso Raymond Carver avrebbe persino cercato di bloccare la pubblicazione di quello che sarebbe poi stato il lettissimo, tanto da diventare in sé espressione buona per i titoli de l’Espresso, Di cosa parliamo quando parliamo d’amore. Con assoluto rispetto filologico, riporto dal sito dell’Einaudi: “Carver implorava Lish di sospendere la pubblicazione del volume e ripristinare i passi tagliati: «Ti dico la verità, qui è in gioco il mio equilibrio mentale. Ora non vorrei fare il melodrammatico, ma davvero ho appena fatto ritorno dai morti per rimettermi a scrivere dei racconti. (...) E adesso ho una gran paura, una paura da morire, lo sento, che se il libro fosse pubblicato nella sua attuale forma revisionata, non riuscirei più a scrivere un altro racconto, Dio non voglia...» Una crudele operazione di marketing? Una cattiveria perpetuata ai danni del povero Cassini di Minimum Fax, reo di essere riuscito a strappare i diritti di pubblicazione al colosso torinese ormai dieci anni fa? Un Graal della letteratura novecentesca? Leggerlo o non leggerlo questo il problema.

Elisa Mariani

giovedì 12 marzo 2009

Questo terribile intricato mondo

Questo terribile intricato mondo è una raccolta di racconti programmaticamente politici pubblicato da Einaudi lo scorso novembre.
Con la copertina che strizza l’occhio al centenario del futurismo riprendendo il tumultuoso Rissa in Galleria di Umberto Boccioni e la misurata nota dell’editore (sorvolabile anziché no), che spiega malamente “senza retorica e senza retorica del cinismo” la necessità di una raccolta di racconti politici, il libro dà idea di quanto sa essere onesta la narrativa italiana.
A partire dall’intelligente racconto di Walter Siti che segue l’ascesa di un candidato aennino al consiglio provinciale di Roma, facendoce veramente ridde, passando per il racconto di Ascanio Celestini sulla scomparsa del corpo del sovrano, nella fattispecie il papa. Certi ricordano da vicino l’impostazione di BluNotte, non temendo di rifarsi direttamente alla trasmissione di Carlo Lucarelli come l’Hic Sunt Leones di Rosetta Loy, mentre altri giochicchiano con un argomento senza troppo crederci (il di molto sconclusionato Porchè di Antonio Pascale) o risultando quasi tronfi a causa del troppo crederci, come nel caso del professor Asor Rosa, per la cui lettura si consiglia incrollabile fiducia nella Repubblica Italiana e una discreta resistenza.
Si inseriscono Stefano Bartezzaghi e Diego De Silva che convincono a pieno. Il primo scrive un esercizio di stile sul politichese (la stessa lingua delle questioni che “si sollevano” o in alternativa dei problemi che “vengono risolti”), quanto al racconto di De Silva (Il mezzo nichilismo dell’homo democraticus) riporto solo questo stralcio:

(…)La pistola ce l’ha consegnata subito. Gli abbiamo chiesto cosa voleva farci. Portare l’attacco al cuore dello Stato, ha detto. Ho ascoltato quel racconto demenziale annuendo a tempo, manco avessi seguito una barzelletta di cui non conoscevo il finale.
-Sì, ma io che c’entro? – ho chiesto. Finalmente una domanda sensata. (…)

La raccolta spiega da sé le tante visioni della politica italiana da parte dei nostri scrittori e allo stesso tempo la versatilità di alcuni di questi davanti a un tema sfinge. Senza troppo osare, onesti nei confronti di se stessi e dell’editore che non per niente ha scelto una frase di Berlinguer come titolo per la raccolta. Nel complesso una lettura che forse non riuscirà a dare un idea del decantato paese reale, ma dello stato della forma racconto in Italia sì.

Elisa Mariani