venerdì 5 febbraio 2010

Viva Giacometti




HENRI CARTIER-BRESSON, Svizzera. Regione dei Grigioni. Villaggio di Stampa. Il pittore e scultore svizzero Alberto GIACOMETTI, nella sua casa, 1961. (Dall'archivio Magnum).


Alla faccia di Pablo. Viva Alberto.

lunedì 4 gennaio 2010

La "500" che ho comprato per te

Nel febbraio-marzo 1983, io non ero ancora nella pancia della mamma, l'Unione Sovietica resisteva assieme al muro di Berlino e l'Italia, che aveva da poco vinto i Mondiali, guardava la enne edizione del Festival di Sanremo.
Amedeo Minghi salì sul palco dell'Ariston per la categoria "giovani", ma sembrava già vecchio (o comunque era tale e quale a oggi). Tra l'altro, Amedeo Minghi non mi è mai piaciuto, ma nel corso della kermesse eseguì un brano oggettivamente bello: "1950", anche noto come "Serenella". Il testo racconta con poesia una bella storia d'amore ambientata nell'immediato dopoguerra italiano: "la radio trasmetterà la canzone che ho pensato per te e forse attraverserà l'oceano lontano da noi. L'ascolteranno gli americani che proprio ieri sono andati via e con le loro camicie a fiori colorano le nostre vie...". Con un'intensa interpretazione, Minghi propose una canzone al contempo storica, civile e d'amore, dipinse l'Italia della Liberazione che, passionale e sanguigna, aveva voglia di rinascere dalle ceneri della seconda guerra mondiale: "Serenella, io voglio un bambino".


Oggi è appena iniziato il 2010: mia mamma ripete continuamente di trovarmi un posto fisso con i concorsi pubblici, Obama ogni tanto somiglia a Bush e l'Italia spera di vincere i Mondiali per la seconda volta consecutiva.

Qualche sera fa, durante l'ennesima cena natalizia in famiglia, ho riconosciuto le note della canzone e la voce dell'autore nel sottofondo del nuovo spot Fiat "500". Aguzzando le orecchie, ho avuto l'impressione che le parole fossero state modificate ad hoc. Mi sono detto: "Non è possibile: forse il capitone è avariato e ha alterato le mie percezioni oppure le quantita eccessive di zampone e lenticchie mi hanno ostruito i padiglioni auricolari oppure il pandoro mi ha ricoperto e ovattato le sinapsi. Ho aspettato tre giorni, giusto il tempo di digerire, e ho appurato che il testo è effettivamente cambiato: "Serenella avremo un bambino...crescerà in mezzo a quei colori delle capotes aperte verso il cielo...La nave trasporterà la 500 che ho comprato per te, la guideranno gli americani, lo faranno con sentimento e verso il mare la 500 ci porta via".



Che tristezza. La musica che si appiattisce a pura operazione di marketing mi fa inorridire. Amedeo, perchè l'hai fatto? Avevi bisogno di soldi? Aspetta, fammi controllare, forse ho 20€ in tasca. Ma come: hai azzeccato due o tre canzoni in tutta la carriera e hai pure la faccia tosta di venderti la migliore? Perchè non hai rovinato "Vattene amore"? Tanto "trottolino amoroso dudù dadadà" non può peggiorare ulteriormente. Scusa, il tuo genio creativo non è riuscito a partorire un nuovo pezzo dedicato alla Fiat? Volendo, si poteva anche inciderne il ritornello sulla fiancata della Duna. Amedeo, perchè l'hai fatto?

Francesco Carrubba

lunedì 14 dicembre 2009

Il miracolo del predellino


PREMESSA: Stigmatizzo totalmente qualsiasi tipo di atto violento. Con questo raccontino, non riporto necessariamente la verità dei fatti. Intendo solo sdrammatizzare l’accaduto, pur insinuando – lo ammetto – qualche legittimo sospetto e azzardando un paio di previsioni future.


È la sera del 13 dicembre e S. Berlusconi - nel senso di San Berlusconi - ha appena tenuto un celestiale comizio sotto il Duomo tirato a lucido della sua fedele Milano, proprio accanto all’albero di Natale più alto e illuminato del mondo, in una piazza gremita e adulante, fatta eccezione per quei miscredenti - 400 secondo i dimostranti, 4 secondo la questura - che l’hanno contestato e che Lui ha prontamente zittito con la sola imposizione della mano. L’occasione è il lancio della campagna di tesseramento al Popolo delle Libertà: non è chiaro come mai le iscrizioni vengano aperte soltanto a più di due anni di distanza dalla nascita del partito, ma tra i presenti si è sparsa la voce che forse si può approfittare del pacchetto completo, accaparrandosi in un colpo solo la tessera politica, l’abbonamento annuale del Milan, il decoder di Mediaset Premium e una notte a Palazzo Grazioli con una selecao di escort e veline.


Subito dopo il discorso - un’omelia dedicata alla redenzione dei giornali che hanno perduto la retta via, alla trasmutazione delle maledette toghe rosse in simpatici costumi da Babbo Natale e alla moltiplicazione dei panettoni e dello spumante per tutti -, il Premier si è avviato tra gli applausi verso l’auto, ha camminato tra due ali di folla in estasi e ha benedetto i discepoli con un rametto d’ulivo in un’atmosfera gioviale, indorata di Spirito Santo. Come faceva John Lennon prima di morire assassinato all'ingresso del Dakota Building di New York, Silvio – recentemente eletto “Rockstar del 2009” dalla rivista Rolling Stone Italia – ha stretto mani e firmato autografi. Manca poco ormai all’orario in cui vanno in onda i principali Tg nazionali della prima serata e, per un’incredibile serie di congiunture astrali, i 15 bodyguards, i poliziotti e gli uomini della sicurezza si sono distratti all’unisono, tutti nel medesimo istante cruciale; così all’improvviso, mentre curava l’anima e lo spirito di un suo devoto, Silvio è stato colpito al volto da una terrificante arma contundente: un souvenir in miniatura del duomo, una statuetta da tortura, munita di gugliette micidiali e di un’infingarda madonnina sulla punta. Subito dopo l'aggressione, di cui non esistono immagini chiare, Berlusconi si è coperto - o nascosto - il volto con un sacco nero della spazzatura: probabilmente, tra le centinaia di persone che lo circondavano, nessuno aveva un fazzoletto di carta o di stoffa, ma qualcuno si era portato dietro la busta della pattumiera, chissà forse per ricordare a tutti che i rifiuti in Campania non ci sono più grazie a Lui.


In quei momenti drammatici, durante i quali la Nazione tutta è rimasta sospesa - come si resta in spasmodica attesa sulle montagne russe nei secondi subito precedenti la discesa in picchiata -, il Cavaliere ha barcollato con il viso macchiato di sangue; la scorta l’ha preso e trascinato al sicuro nell’auto blindata. Ma Berlusconi si è subito riavuto – per noi uomini e per la nostra salvezza, al terzo minuto è risuscitato secondo il copione -, si è issato sul leggendario predellino e, guardando la sua moltitudine di pecore smarrite, ha fatto un cenno di rassicurazione con la mano. Poi, si è riaccomodato nei sedili posteriori, vicino al finestrino, con il volto tumefatto a favore di telecamera, un’inquadratura degna delle sceneggiature a orologeria del miglior Kubrick.


Intanto, stranamente l’assalitore non si è comportato da vero assalitore: dopo il folle gesto, è rimasto inverosimilmente pietrificato, permettendo alle forze dell’ordine di fermarlo immediatamente e al ministro della Difesa Ignazio La Russa di vestire il saio del Salvatore nel dire «Ho corso con gli agenti di polizia per allontanare l'aggressore, che rischiava un possibile linciaggio». È Massimo Tartaglia, un ingegnere 42enne: è in cura da 10 anni per problemi mentali, non è un attivista politico, è sconosciuto alla Digos e a chiunque altro, almeno finché le televisioni di Raiset non lo renderanno famoso, chissà magari per i suoi quadri che si illuminano al ritmo di musica. In tasca ha una bomboletta di spray urticante anti-stupro al peperoncino: forse temeva che, in mezzo alla calca, il Cavaliere in visibilio lo scambiasse per una velina e se lo ingroppasse.


Berlusconi è stato portato di corsa all’Ospedale San Raffaele, dove i medici hanno diagnosticato addirittura un graffio al labbro inferiore: il Premier avrebbe chiesto che il taglietto fosse tenuto sotto stretta osservazione per almeno 24 ore dalle due infermiere più avvenenti della struttura. Per prevenire un’eventuale infezione, i primari l’hanno sottoposto alla tac, alla risonanza magnetica, ad una lozione per la ricrescita dei capelli, allo sbiancamento dei denti, ad una seduta di massaggi shiatzu, ad un trattamento del miglior visagista in circolazione e infine al restauro del lifting che nella concitazione della rissa aveva leggermente ceduto.


A Emilio Fede, subito accorso al santo capezzale, ha confessato: «Sono miracolato, un centimetro in più e avrei perso l'occhio». Poi ha aggiunto: «Sono amareggiato per questa campagna di odio nei miei confronti. Questo è il frutto di chi ha voluto seminare zizzania. Quasi me l'aspettavo...». Se l’aspettava: infatti, dovrebbe avere già pronto il discorso con cui, nei giorni sotto Natale, magari con un cerottino vicino alla bocca, regalerà il perdono al figliol prodigo e assolverà i suoi peccati, mostrando agli occhi e alle telecamere di tutto il mondo l’uomo generoso e magnanimo che è. E se il sermone non fosse ancora pronto, il Premier ora ha a disposizione due settimane di prognosi per affinarlo e per pensare a come gestire il nuovo consenso popolare, che dopo l’insospettabile aggressione è tornato magicamente ai massimi storici.

Francesco Carrubba

domenica 13 dicembre 2009

Leitmotiv: Novembre, Dicembre e Gennaio

Mentre il numero di Novembre/Dicembre su "Il trucco" è in distribuzione già da qualche giorno, Leitmotiv sta preparando l'uscita di Gennaio dal titolo: "Il corpo".

Scrivete i vostri contributi, possibilmente entro domenica 20, e inviateli a giornaleleitmotiv@hotmail.it.

Vi ricordiamo che le copie del nostro giornale sono disponibili nei seguenti punti di distribuzione:

- Punto Einaudi
- Birreria 35
- Pub Amandla (Cermenate)
- Casa Del Disco
- Renata Music
- Circolo Arci Xanadù
- Libraccio
- Libreria Del Cinema
- Libreria Mentana
- Central Perk
- Cioccolateria
- Informa Giovani
- Caffè Natta
- Ultimo Caffè
- Nerolidio

E nelle biblioteche di:

- Como
- Blevio
- Brunate
- Cernobbio
- Lezzeno
- Lipomo
- Zelbio
- Nesso
- Como Liceo Volta
- Como Musei Civici
- Como Peretta
- ITIS Magistri Cumacini
- Società Archeologica


La Redazione

domenica 29 novembre 2009

L'altra faccia (ritoccata) della medaglia


(Un anticipo del numero in imminente uscita cartacea dedicato a Il Trucco)

Daniela Santanchè è una vera conservatrice e lo si evince sia dalle sue posizioni politiche, sia dalle sue scelte estetiche. La leader del Movimento per l’Italia, infatti, è salita agli onori delle cronache in seguito alla vicenda Sanaa del 15 Settembre scorso, quando, nella provincia di Pordenone, una giovane di origine marocchina è stata brutalmente uccisa dal padre a causa della frequentazione di un ragazzo italiano più grande di lei. La Santanchè a tal proposito ha dichiarato: «Si impedisca alle donne di entrare con il burqa al velodromo Vigorelli di Milano ed in tutti gli altri luoghi in occasione dei festeggiamenti della fine del Ramadan». Il nesso tra le parole della politica ed i fatti mi sfugge. Tuttavia, bisogna riconoscere all'esponente de “La Destra” una certa perseveranza, essendosi da sempre battuta perché fosse vietato alle donne islamiche di portare il velo che copre loro integralmente il viso. La Santanchè si appella prevalentemente all'articolo 5 della legge 152 del 1975 che impedisce di rendersi irriconoscibili in occasione di manifestazioni pubbliche.

Ripercorriamo un attimo la storia della politica, riportata generosamente anche sul suo sito www.danielasantanche.com. Daniela, prima di diventare una politica di successo, si sposò molto giovane con un chirurgo estetico dal quale prese anche l'attuale cognome. Ancora prima delle nozze era già ricorsa alla chirurgia plastica per aggiustare quel naso che a suo dire non la faceva stare bene, le dava fastidio. Ecco qui una prima incongruenza: se la Santanchè non ammette la possibilità che le donne musulmane indossino il burqa perché le renderebbe irriconoscibili, è giusto ricorrere alla chirurgia plastica per modificare parti del proprio viso, per cambiare i propri connotati somatici che ci distinguono dagli altri? Certo, a livello giuridico il problema non si pone: la chirurgia estetica non è vietata e quindi chiunque può farne ricorso quante volte vuole. Eppure, a livello di principio, mi pare che scagliarsi contro il burqa perché non permette di distinguere la persona coperta contrasti con la scelta di ricorrere alla chirurgia estetica, che ha lo stesso effetto del velo. (La questione a questo punto sarebbe: l'identità di una persona si percepisce dal suo viso?).

Andiamo avanti con la biografia. Daniela Santanchè divorzia, ma ha già avviato una brillante carriera da imprenditrice e qualche anno dopo si consacrerà alla politica. È stato già detto all'inizio di questo articolo: è una conservatrice. Dal punto di vista politico, ma anche da quello estetico. Infatti, il suo viso molto tirato e la sua pelle liscia e lucida fanno trasparire altri ricorsi alla chirurgia plastica da parte della nostra. A Daniela Santanchè, come a molti di noi, non piace invecchiare. Allora decide di cercare di rimanere così com'è, di fermare il tempo. In questo senso è una vera paladina della conservazione, da far invidia a Tutankhamon. Ma è giusto pensare di poter riportare il nostro corpo a quello che era? Non si rischia piuttosto di materializzare solamente un'immagine che si ha di se stessi? Si ritorna sempre a porsi domande sulla propria identità, che è l'oggetto fondamentale della discussione. Il corpo è parte fondamentale di noi stessi e continuare a modificarlo equivale a celarlo, a spossessarlo delle sue caratteristiche peculiari. Modificare le sue evoluzioni naturali vuol dire astrarlo e renderlo un elemento distante da noi stessi, un qualcosa che smette di appartenerci. Logicamente questo discorso non contiene alcuna implicazione morale: si ragiona solo sulle conseguenze di alcuni comportamenti. E gli esiti non sono affatto scontati: se il burqa, che rinvierebbe ad una certa idea di identità musulmana, priva la donna di una propria personalità, il lifting, che forse si pone come contraltare occidentale al velo islamico, non porta allo stesso risultato?


Matteo D'Antonio

mercoledì 11 novembre 2009

Zeitgeist - Inertia creeps



Massive Attack, Palasharp (Milano), 8/11/2009

mercoledì 4 novembre 2009

Milano, l'amore e Dio


Sapessi com'è strano essere un tossicodipendente di Milano. Fino a 10 anni fa Edda, alias Stefano Rampoldi, cantava con i Ritmo Tribale, i progenitori degli Afterhours, poi ha smesso perchè si drogava troppo. Ora di mestiere fa il muratore e tra un ponteggio e l'altro ha inciso 12 perle.

Quando canta, ha una voce che si fa uomo, donna e neutro, che si fa ora adulta ora bambina, graffio e piuma, dialetto del Nord e accento del Sud, parola storpiata e versaccio incomprensibile, fulmine e sospensione, coltellaccio e carezza, urlo e sussurro. Tanto che una chitarra acustica basta e avanza.

I testi di questo album "Semper biot" (sempre nudo) sono deliranti al punto giusto. L'amore è corpo, violenza e sesso. L'amore è preghiera, disperazione, dolore, attesa e caduta. L'amore si spoglia, poi ti ammazza e ti finisce, perchè l'amore viene solo per uccidere. L'amore è un marito pazzo, è "gelosità" e promessa, l'amore è scoparsi la felicità. L'amore ti affetta e ti cucina. L'amore è facile, vedente, profondo e gaudente. L'amore è fare l'amore. L'amore è deficiente, semi-adolescente e innamoramento. L'amore è culla, l'amore è bellissimo. All'amore non c'è rimedio.

Milano è un intreccio di lingue, inflessioni, vergini e suorine, indifferenza, lavoro e panettoni.

Essere Dio è una cosa facile, amare Dio è una cosa inutile. Dio è fango e scomunica, Dio è ateo, perchè madonnine e madri non ce ne sono.

La stanza è una voragine, la casa è ballare in cucina fra sacchi di farina e solitudine. Poi, c'è Stefano un personaggio italo-argentino, solo e inutile che sogna, si fa schifo, cerca qualcosa, è nato e morirà senza denti, si perde mentre va all'Ikea e si chiede quand'è che andrà in Inghilterra. Scopritelo se lo trovate.

Adesso è mattina presto, ma stasera Edda urla al Magnolia di Milano. Io purtroppo ci vado solo se piove. Ma se il tempo sarà clemente, andateci voi e poi ditemi com'è stato.

Francesco Carrubba