
Regnò sul pop per un decennio.
Matteo D'Antonio: Presidente. Nasce a Battipaglia 25 anni or sono. Già nostalgico della mozzarella di bufala, dopo il primo quinquennio di vita lascia la città natale per trasferirsi nella (ir)ridente Como. Inizia gli studi e nel 2003 diventa più perito che informatico. Estremamente fedele alla sua incoerenza, sceglie la Facoltà di Lettere e Filosofia per assicurarsi una brillante carriera nell'ambito della disoccupazione. Da Settembre 2008 è presidente in contumacia dell'Associazione Culturale senza scopi di lucro Leitmotiv. Ora scrive autobiografie in terza persona.
PARIGI - Dopo una missione molto impegnativa tra Medio Oriente e Vecchio Continente, Barack Obama si è regalato un giorno da turista, insieme a moglie e figlie, a Parigi. Prima di riprendere l'Air Force One alla volta di Washington, il presidente americano con la first lady Michelle, è andato al Centre Pompidou, dove ha visitato non solo la collezione permanente del Beabourg progettato da Renzo Piano e Richard Rogers nel 1971, ma anche le mostre sullo scultore statunitense Alexander Calder e il pittore russo Vassily Kandisky. Barack Obama saluta dal centro George Pompidou, a Parigi (AP)
CENA FAMILIARE - In realtà, la vacanza parigina degli Obama è iniziata già sabato sera: appena rientrati nella capitale dalla Normandia, dove hanno partecipato alla cerimonia del 85esimo anniversario del D-Day, sono andati alla Cattedrale di Notre Dame. E poi, con alcuni amici, a cena a La Fontaine de Mars, un tradizionale bistrò parigino nel settimo arrondissement. Un cameriere del ristorante, Gabriel de Carvalho, ha raccontato a una televisione francese che il presidente ha ordinato un cosciotto d'agnello e gli altri commensali bistecche, e a tavola è stata servita solo acqua niente vino.
IMBARAZZO ALL'ELISEO - La scelta degli Obama - che avevano optato per una serata non ufficiale anche venerdì dopo che il presidente si era riunito con la famiglia arrivata direttamente a Parigi - ha creato qualche imbarazzo e disappunto all'Eliseo, che avrebbe desiderato un appuntamento ufficiale, o un'uscita a quattro - con Michelle e Carla - in uno dei più esclusivi ristoranti di Parigi, proprio alla vigilia dell'apertura delle urne in Francia. Invece Obama non ha dato disponibilità a nessun appuntamento ufficiale ed oggi lascia Parigi dove invece rimangono Michelle Sasha e Malia per un altro giorno di turismo e stasera andare, da sole, a cena all'Eliseo.
L'altrove è uno specchio in negativo.Il viaggiatore riconosce il poco che è suo,scoprendo il molto che non ha avuto e non avrà.
Ho visto gli Shellac tre volte. Sempre qui. Anche quest’anno sono in prima fila. Quel posto è mio, in un certo senso mi spetta. Tra mezz’ora devo essere davanti ad un altro palco, ci sono gli A Certain Ratio. Lasciando gli Shellac a metà concerto lascio anche un pezzo di vita. Il festival è così: ansia di fare, ansia di vedere. E buone gambe, anche alle due di notte. Tra un palco e l’altro. Fatemi passare. Ho tutta la vita davanti. Alla fine di un pezzo mi giro, lascio la transenna dietro di me. Devo passare attraverso la gente. Avanzo lentamente, mentre parte un nuovo pezzo e il pubblico ricomincia a pogare. C’è Jarvis Cocker a vedere gli Shellac. E’ in giacca e cravatta, nel mezzo della ressa. Coperto di sudore e con gli occhiali appannati. E’ così fuori luogo e così credibile allo stesso tempo. Ha suonato poco fa su un altro palco. Fammi passare, Jarvis. Fammi passare.
Arrivo che gli A Certain Ratio hanno già incominciato a suonare da qualche minuto. Prendiamo posto e ci mettiamo a ballare. Siamo alla Hacienda, è il 1980. Avevo ventuno anni nel 1980 e i capelli un po’ più lunghi. Ora ne ho ventuno. Siamo molto stanchi, ma stare fermi è impossibile. Al terzo pezzo dal palco chiedono “Is there anyone from Manchester?”. Puoi scommetterci, Jeremy, qui siamo tutti di Manchester stasera. E abbiamo tutti ventun’anni.
Michael Mayer ha appena concluso il suo set sul palco Pitchfork, tra le colonne di cemento armato del Forùm di Barcellona. Sono le 6 del mattino di venerdì e la gente scende verso la metropolitana, lasciandosi alle spalle il mare. Abbiamo ballato. E’ come se Mayer riuscisse a fissare quel momento in cui i bassi sono l’unica cosa a fuoriuscire da dietro la porta chiusa di un locale, con i bicchieri di plastica vuoti tutti intorno. Poi lo fa esplodere, quando la porta si apre. Torniamo verso il centro della città. D. cammina davanti a noi. Ha una spilla con scritto “Manchester” sulla felpa. E’ il primo della fila, a qualche metro davanti a noi. Mentre cammina, continua a ballare.
http://www.primaverasound.com/
Philip Di Salvo